1. L’assemblea di condominio: natura e funzione
L’assemblea di condominio rappresenta il vero e proprio “cuore pulsante” dell’organizzazione condominiale, trattandosi, secondo una definizione ricorrente - in dottrina come in giurisprudenza - dell’organo sovrano cui è deputata l’amministrazione delle parti e dei servizi comuni: precisazione di rilievo, se si considera che l’unico vero limite all’espansione dei poteri assembleari va rinvenuto nel divieto (oltre che di violare la legge ovvero specifiche prescrizioni contenute nel regolamento contrattuale di condominio, anche) di realizzare finalità estranee alla comunità condominiale (Cass., 6 marzo 2007, n. 5130).
Le funzioni dell’assemblea sono indicate, in maniera esemplificativa, dall’art. 1135 cod. civ.: se infatti, la richiamata disposizione demanda espressamente alla competenza assembleare la conferma dell'amministratore e la determinazione del suo compenso, l'approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l'anno e la relativa ripartizione tra i condomini, l'approvazione del rendiconto annuale, l'esecuzione di opere di manutenzione straordinaria, costituendo, ove occorra, un fondo speciale, nonché l’autorizzazione all'amministratore per partecipare e collaborare a progetti, programmi e iniziative territoriali promossi dalle istituzioni locali o da soggetti privati qualificati, anche mediante opere di risanamento di parti comuni degli immobili nonché di demolizione, ricostruzione e messa in sicurezza statica, al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza e la sostenibilità ambientale della zona in cui il condominio è ubicato, cionondimeno altre attribuzioni sono contenute in norme diverse da quella sopra richiamata (quali, ad esempio, gli artt. 1120 e 1121 cod. civ. in tema di innovazioni, o gli artt. 1129, 1130 e 1131 cod. civ., a proposito della nomina e revoca dell'amministratore, nonché determinazione delle sue funzioni), mentre rappresenta ius receptum che all’assemblea spetti il più generale compito di gestire il condominio e disciplinare l'uso e il godimento delle cose comuni.
Sotto quest’ultimo aspetto - e solo rispetto ad esso – può dirsi che l’elencazione dei poteri assembleari è tassativa: nel senso, già esplicitato in precedenza, per cui essi non possono travalicare l’ambito condominiale per entrare nella sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, tranne che una siffatta “invasione di campo” sia stata da loro specificamente accettata nei singoli atti di acquisto ovvero per espressa previsione del regolamento (contrattuale) di condominio (Cass., 22 luglio 2004, n. 13780).
2. Il contenuto della convocazione: il comma 3 dell'art. 66 disp. att. cod. civ.
L'art. 66 disp. att. cod. civ. (norma dichiarata inderogabile dal successivo art. 72 delle medesime disp. att. e che, pure, tuttavia, nello stesso impianto codicistico patisce delle "deviazioni legali": cfr., ex multis, gli artt. 1117-ter e 1117-quater cod. civ. ovvero l'art. 71-bis, comma 4, disp. att. cod. civ.) regola le modalità di convocazione dell'assemblea dei condomini; nella sostanza, a seguito della l. n. 220 del 2012, i primi due commi (in virtù dei quali l'assemblea, oltre che, annualmente, in via ordinaria per le deliberazioni indicate dall'articolo 1135 del codice, può esser convocata in via straordinaria dall'amministratore - o da un suo delegato. Cass., 10 gennaio 2017, n. 335 - quando questi lo ritiene necessario o quando ne è fatta richiesta da almeno due condomini che rappresentino un sesto del valore dell'edificio ovvero, ancora, da ciascun condomino ove manchi l'amministratore) sono rimasti invariati, il comma 3 è stato completamente rivisitato ed integrato - per ciò che concerne le forme di comunicazione dell'avviso di convocazione - mentre l'intero articolo si è arricchito di due ulteriori commi, rispettivamente destinati a disciplinare (il quarto) la fissazione dell'assemblea in seconda convocazione, nonché (il quinto) la convocazione, con unico avviso, di molteplici adunanze.
Concentrando l'attenzione, ai fini che in questa sede interessano, sul comma 3 del citato art. 66, si è osservato, in dottrina (CHIESI), come, a seguito della Riforma, la norma "può essere scomposta in tre parti: una, concernente la tempistica della convocazione; l'altra, afferente le modalità di convocazione; la terza, relativa alle conseguenze di una convocazione viziata (da collegare all'art. 1136 c.c. per cui l'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati)". In particolare, con specifico riferimento alle modalità di convocazione, la norma dispone che l'avviso, che deve contenere la specifica indicazione dell'ordine del giorno, vada comunicato "agli aventi diritto" a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mani, e deve altresì contenere l'indicazione del luogo e dell'ora della riunione: tale ultima prescrizione è, invero, di fondamentale importanza (tant'è che la sua inosservanza è sanzionata con la nullità della delibera. Cfr. Cass., 22 dicembre 1999, n. 14461), giacché essenziale all'operatività del successivo art. 67, comma 1, disp. att. cod. civ. ai sensi del quale ogni condomino può intervenire all'assemblea anche a mezzo di rappresentante, munito di delega scritta, con la doppia precisazione che (a) se i condomini sono più di venti, il delegato non può rappresentare più di un quinto dei condomini e del valore proporzionale e (b) all'amministratore non possono essere conferite deleghe per la partecipazione a qualunque assemblea (art. 67, comma 5, disp. att. cod. civ.).
Il combinato disposto dell'art. 66, commi 1 e 2 e dell'art. 67, comma 1, disp. att. cod. civ. è stato indagato sotto vari profili: dalla derogabilità - per così dire - in peius (in senso, cioè, maggiormente restrittivo) delle prescrizioni negli stessi contenute, alla sostenibilità di prove cd. di resistenza per il calcolo delle maggioranze, al regime di invalidità per il caso di mancata convocazione degli aventi diritto.
Resta ancora poco approfondita, invece, la possibilità di partecipare all'assemblea (personalmente ovvero a mezzo delega) in video-conferenza (o conference call), modalità che assicura la contestualità, senza la fisicità della presenza.
3. L'individuazione del luogo di svolgimento dell'assemblea: la duplice ratio sottesa alla scelta
La possibile soluzione al problema innanzi posto implica l'esame di alcune questioni "a monte".
Invero, quando il regolamento di condominio non stabilisce la "sede" in cui debbono essere tenute le riunioni assembleari, l'amministratore ha il potere di scegliere quella che, in rapporto alle contingenti esigenze del momento, gli appare più opportuna, pur con il rispetto di un duplice limite: 1) anzitutto il limite territoriale, costituito dalla necessità di scegliere una sede entro i confini della città in cui sorge l'edificio in condominio; 2) quindi, un secondo limite, costituito dalla necessità che il luogo di riunione sia idoneo, per ragioni fisiche e morali, a consentire la presenza di tutti i condomini e l'ordinato svolgimento delle discussioni (Cass., 22 dicembre 1999, n. 14461, cit.).
Nell'affrontare il tema del luogo di svolgimento dell'assemblea di condominio, dunque, la giurisprudenza focalizza l'attenzione su due elementi principali, riassumibili, in estrema sintesi, nel binomio "territorialità-presenza": la riunione va convocata nel comune dove si trova l'edificio condominiale ed il luogo prescelto deve garantire - usando le parole della Corte - "la presenza di tutti i condomini e l'ordinato svolgimento della discussione".
Il principio appare in linea non solo con quanto stabilito, in tema di società di capitali, dall’art. 2363 cod. civ., che prevede espressamente che l'assemblea debba essere convocata nel comune dove ha sede la società, se lo statuto non dispone diversamente e che è stato interpretato nel senso che deve ritenersi illegittima la convocazione dell'assemblea in un comune diverso da quello ove si trova la sede sociale, benché distante pochi chilometri e facilmente raggiungibile senza aggravi di costi (Cass. 17 gennaio 2007, n. 1034), ma anche con quanto disposto dall'art. 23 cod. proc. civ. che, per le cause tra condomini, individua il foro competente avendo riguardo al “luogo dove si trovano i beni comuni o la maggior parte di essi”, sull’evidente presupposto che ivi si trova il giudice davanti al quale per la maggioranza dei condomini è meno oneroso presenziare, o che comunque lì sono collocati gli interessi comuni ai condomini.
Ciò posto, se il primo elemento di cui si è detto (la territorialità) appare - almeno ad un primo step - del tutto irrilevante ai fini di indagine (giacché lo stesso concetto di videoconferenza è indipendente dall'ubicazione del ruolo di svolgimento della riunione tra gli altri partecipanti fisicamente presenti ad essa. Sul punto, però, si tornerà infra), diversamente, anche per quella giurisprudenza che prescinde da esso (cfr. Trib. Imperia, 6 febbraio 1986), la necessità di garantire la "presenza" degli aventi diritto rappresenta un elemento indispensabile per il legittimo svolgimento della riunione, dovendo la scelta del luogo di convocazione rispondere alle obiettive esigenze ed agli interessi della maggioranza dei condomini ad una agevole partecipazione all’assemblea. Conclusione già messa in rilievo da attenta dottrina (MEO) che, affrontando il medesimo tema, aveva osservato che "per considerare valida la partecipazione è necessario che venga comunque garantito il principio di parità di trattamento rispetto agli altri condomini assicurando la medesima facoltà di intervento e votazione dei punti all’ordine del giorno ed inoltre sia consentito, al soggetto verbalizzante, di percepire adeguatamente gli eventi assembleari oggetto di verbalizzazione. Tali elementi possono essere considerati come un presupposto indispensabile per assicurare il pieno rispetto di tutte le forme procedimentali stabilite dalla legge per la costituzione, lo svolgimento e la verbalizzazione delle riunioni assembleari".
3.1. (Segue) La "presenza" in video-conferenza: automatismo o previsione legale?
Sennonché, pur muovendo da tale condivisibile osservazione preliminare, lo stesso Autore aveva tratto, nella medesima occasione, la conclusione per cui "Se si considera il grado di interazione tra persone site in luoghi diversi, grazie all’evoluzione tecnologica, nessun impedimento potrà deriva dalle norme di legge in materia, poiché nessuna disposizione impone espressamente la compresenza fisica degli intervenuti in uno stesso luogo. Infatti, la "partecipazione", e l’"intervento", vanno letti in senso ampio comprensivi della fattispecie in esame. Preso atto della varietà dei sistemi di collegamento audio/video, che la tecnologia oggi ci mette a disposizione, occorre che vengano adottati comportamenti e modalità tali da salvaguardare il rispetto non solo formale bensì sostanziale dei principi di buona fede e parità di trattamento dei partecipanti alla assemblea, e quindi, dei diritti e degli interessi degli intervenuti, come se fossero fisicamente presenti nello stesso luogo in cui si sta svolgendo la riunione"; ipotizzando dunque, una sorta di automatica sovrapposizione tra presenza fisica e "a distanza", senza necessità alcuna di previsioni legali o convenzionali che tale pratica abilitino.
È, tuttavia, l'esame della disciplina positiva a spingere in direzione opposta.
Quando il legislatore ha abilitato allo svolgimento di riunioni mediante l'ausilio di tecnologia che consente la partecipazione a distanza, l'ha fatto espressamente: si pensi all'art. 2370, comma 4, cod. civ., dettato in tema di società di capitali (per cui "Lo statuto può consentire l'intervento all'assemblea mediante mezzi di telecomunicazione [...]") ed all'art. 143-bis della deliberazione CONSOB 14 maggio 1999, n. 11971, cui rinvia l'art. 127 del d.lgs. n. 58 del 1998 (cd. T.U.F.), come modificato dall'art. 3, comma 9, del d.lgs. n. 27 del 2010. Non di minore impatto, inoltre, ai fini della valutazione complessiva della questione è la disciplina contenuta nella l. n. 11 del 1998 (e succ. modi. e int.), a proposito della partecipazione a distanza al processo penale e negli artt. 10 e ss del Reg. 1206 del 2001 (in combinato disposto con l'art. 2020 cod. proc. civ.), avuto riguardo all'uso di videoconferenza per la raccolta di prove nel processo civile.
A ciò aggiungasi, con specifico riferimento alla disciplina condominiale, che gli artt. 66 e 67 disp. att. cod. civ. sono dichiarati espressamente inderogabili dal successivo art. 72 disp. att. cod. civ.: con il che si pone concretamente l'ulteriore problema di considerare legittima la partecipazione all'assemblea con una modalità - collegamento in videoconferenza - diversa da quelle (presenza fisica personale o di un proprio delegato) consentite dall'art. 67, comma 1, cit.
4. Una possibile soluzione
Quanto a quest'ultimo profilo, l'inderogabilità delle norme contenute nell'elencazione dell'art. 72 disp. att. cod. civ. non è da intendersi in senso assoluto, ma relativo, a condizione, cioè, che (a) le deroghe ampliino le tutele predisposte dalle singole previsioni interessate e che (a) le disposizioni non siano contrarie a norme di ordine pubblico e non ledano il diritto di proprietà dei singoli: così, ad esempio, si ritiene che il regolamento, in deroga all'art. 66 disp. att. cod. civ., possa aumentare il numero di giorni intercorrenti tra la ricezione dell'avviso di convocazione e quello di svolgimento dell'assemblea (Trib. Monza, 12 marzo 2013; Trib. Napoli, 13 maggio 1991; Trib. Roma, 25 gennaio 1965) mentre, al contrario, non sono ampliabili i casi di revisione delle tabelle fissati dall'art. 69 disp. att. cod. civ. (Cass., 4 ottobre 2016, n. 19797).
Sicché, prima ancora che per eventuale applicazione analogica delle previsioni contenute nell'art. 2370, comma 4, cod. civ., la necessità di una previsione regolamentare che abiliti alla partecipazione all'assemblea a distanza e, dunque, in modalità diversa da quella fissata dall'art. 67, comma 1, disp. att. cod. civ., rinviene il proprio fondamento proprio nella esigenza di superare legittimamente i vincoli posti dal successivo art. 72 cit.: limiti che, nella specie, appaiono derogabili, giacché una prescrizione che consentisse la partecipazione assembleare mediante conference call risponderebbe proprio all'esigenza di favorire, se non proprio agevolare, la presenza alla riunione degli aventi diritto, senza che costoro siano tenuti a ricorrere all'istituto della delega (la quale pur sempre implica un fenomeno di interposizione tra due soggetti, con conseguenti possibili difetti di trasmissione della volontà) e comunque scongiurando, nei casi più estremi, il fenomeno della "assenza" (frutto, spesso, non già di una decisione volontaria quanto, piuttosto, di contingenze del momento, che rendono oltremodo complesso il raggiungimento del luogo fissato per la riunione) - la quale è, per quanto possibile, da evitare, producendo effetti anche sul decorso del termine di impugnazione della delibera. L'essenza stessa del metodo collegiale consiste, d'altronde, nella possibilità, per i soggetti legittimati, di discutere e votare simultaneamente sulle materie poste all'ordine del giorno e, grazie all'evoluzione tecnologica, la compresenza fisica di costoro in uno stesso luogo rappresenta una mera possibilità, non più indispensabile, perché possano darsi discussione e votazione simultanee.
Quanto precede non risolve ancora, però, il problema: dire che la partecipazione all'assemblea mediante videoconferenza è ammissibile solo laddove il regolamento contempli espressamente tale possibilità, non significa chiarire quale sia il quorum necessario per l'approvazione della relativa clausola né, tantomeno, in che modo la partecipazione da remoto debba essere garantita (se, cioè, sia sufficiente all'uopo una qualunque connessione ovvero debbano essere utilizzati accorgimenti tecnici o precauzioni particolari).
4.1. (Segue) Il quorum deliberativo e gli accorgimenti tecnici
Tralasciando il caso - di scuola - di regolamento contrattuale predisposto dall'originario proprietario ovvero adottato all'unanimità (che non pone, evidentemente, un problema di calcolo di maggioranze), sembra possibile affermare che la delibera di approvazione dell'integrazione al regolamento, mediante l'inserimento di una clausola che consenta la partecipazione all'assemblea in videoconferenza da remoto, non richiede l'unanimità dei consensi dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza ex art. 1136, comma 3, cod. civ., giacché tale delibera implica decisioni con cui non si dispone dei diritti individuali dei condomini, mediante l'elisione del loro diritto di partecipazione all'assemblea ma, piuttosto, si regola l'esercizio proprio di quel diritto inderogabile, a presidio della superiore esigenza di garantire l'effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, nell'interesse comune dei partecipanti alla comunione, considerati nel loro complesso e singolarmente: non dissimilmente, invero, da quanto la giurisprudenza pacificamente ritiene - sulla base delle medesime considerazioni innanzi esposte - in tema di adozione di clausole volte a regolare il diritto di delega (Cass., 29 maggio 1998, n. 5315).
Neppure l'esposta conclusione, però, è sufficiente a tratteggiare con completezza la disciplina della fattispecie concreta: nel senso che non ogni collegamento audio/video appare idoneo a garantire una presenza assembleare che rispetti lo "statuto minimo" di garanzie per il condomino collegato da remoto, idoneo a salvaguardare il rispetto non solo formale, ma sostanziale, del metodo collegiale e del principio di buona fede: si vuol dire, cioè, che, una clausola siffatta richiede, per la propria corretta operatività, l'adozione di comportamenti (da parte, principalmente, del Presidente dell'assemblea, del segretario e degli altri condomini che intervengono) e modalità di collegamento tali che i diritti assembleari degli intervenuti da remoto non divergano da quelli che sarebbero loro riconosciuti se costoro fossero fisicamente presenti nel luogo della riunione (ad esempio, occorre garantire la corretta trasmissione e percezione di immagini e suoni, predisporre accorgimenti per superare eventuali black-out, fissare modalità di intervento che consentano a chi è collegato da remoto di cogliere con chiarezza gli interventi degli altri).
Sicché, in difetto di una norma che, con specifico riferimento alla materia condominiale, chiarisca quali debbano essere gli accorgimenti in questione, il procedimento analogico consente di riferirsi all'art. 143-bis della deliberazione CONSOB 14 maggio 1999, n. 11971 (cui rinvia l'art. 127 del d.lgs. n. 58 del 1998, come modificato dall'art. 3, comma 9, del d.lgs. n. 27 del 2010) che, nel regolare la partecipazione all'assemblea con mezzi elettronici, al comma 1, lett. b), prescrive che "Lo statuto può prevedere l'utilizzo di mezzi elettronici al fine di consentire una o più delle seguenti forme di partecipazione all'assemblea: [...] b) l'intervento in assemblea da altra località mediante sistemi di comunicazione in tempo reale a due vie" (con tale accezione intendendosi un sistema di comunicazione cd. simmetrica, in cui entrambe le parti coinvolte trasmettono e ricevono informazioni): il collegamento, dunque, deve consentire al condomino collegato da remoto la possibilità non solo di ricevere l'audio/video della riunione in corso di svolgimento, ma anche di intervenire in essa in ogni momento, esattamente come se fosse fisicamente presente. La clausola regolamentare in discussione deve dunque recepire tale indicazione: ciò implica, peraltro, che il luogo prescelto per lo svolgimento dell'adunanza deve essere attrezzato con la strumentazione necessaria (computer, monitor, altoparlanti, microfoni) e, soprattutto, che ogni intervento (di chi è fisicamente presente, come di chi partecipa da remoto) sia puntualmente inquadrato e reso ostensibile all'intera compagine, al fine di consentire la chiara identificazione di chi si sta esprimendo.
Poiché, però, i mezzi di telecomunicazione variano col mutare della tecnologia, la clausola regolamentare potrebbe essere anche "aperta", facendo semplicemente e genericamente riferimento all'uso di strumenti che consentano la two-ways communication, senza identificare, in concreto, a quali di essi ricorrere: ne consegue che, in presenza di una previsione siffatta ed in mancanza di una integrazione o specificazione da parte dell'assemblea, l'avviso di convocazione deve quantomeno chiarire quale è lo strumento tecnico prescelto dall'amministratore per consentire il collegamento da remoto, sì da consentire ai singoli condomini di potersi dotare della necessaria strumentazione. Ciò determina, a valle, (a) la necessità, per l'Amministratore, di dotarsi della strumentazione necessaria affinché, in tesi, all'assemblea possano prendere parte, da remoto, tutti i partecipanti al condominio nonché (b) la necessità che la clausola regolamentare chiarisca, altresì, la procedura che il singolo avente diritto deve seguire per comunicare la propria intenzione di partecipare in videoconferenza (analogamente a quanto avviene in Francia, con il decreto attuativo del giugno 2019 della Loi Logement), ai fini della sua identificazione da parte dell'Amministratore, prima, e del Presidente eletto, poi, e quindi, in ultima analisi, della regolare costituzione dell'organo (giacché, diversamente, la mancata presenza fisica del condomino presso il luogo prescelto per lo svolgimento della riunione equivale, in assenza di diversa indicazione, ad assenza).
4.2. (Segue) ...e il principio della territorialità?
Si è chiarito, in apertura, che, nell'affrontare il tema del luogo di svolgimento dell'assemblea di condominio, la giurisprudenza focalizza l'attenzione su due elementi principali, riassumibili, in estrema sintesi, nel binomio "territorialità-presenza": la riunione va convocata, cioè, nel comune dove si trova l'edificio condominiale ed il luogo prescelto deve garantire - usando le parole della Corte - "la presenza di tutti i condomini e l'ordinato svolgimento della discussione".
Ciò posto, l'ultimo interrogativo cui dare risposta può essere così riassunto: la clausola regolamentare abilitante la partecipazione alla riunione in videoconferenza, se certamente attua le esigenze connesse alla garanzia partecipazione all'assemblea in prima persona, incide in qualche modo sull'altro elemento richiesto dalla giurisprudenza per considerare l'assemblea regolarmente convocata e, cioè, sulla individuazione del luogo di svolgimento fisico dell'assemblea medesima?
La risposta non può che essere negativa: altro sono, infatti, le regole poste a presidio della regolare convocazione, altre quelle volte a disciplinare le modalità di partecipazione. La partecipazione in videoconferenza amplia le seconde, ma in nulla coinvolge le prime: il luogo di svolgimento della riunione è sempre unico (l'art. 66 disp. att. cod. civ., d'altronde, ne parla al singolare, non dissimilmente dagli artt. 2363 e 2366 cod. civ.), coincide con quello dove è previsto lo svolgimento fisico dell'assemblea (e nel quale operano, pertanto, Presidente e Segretario), da specificare nell'avviso di convocazione e che va individuato, a pena di nullità (Cass., 22 dicembre 1999, n. 14461, cit.), in un posto che si trovi entro i confini territoriali del Comune ove è ubicato lo stabile condominiale.
La "territorialità" del luogo di svolgimento della riunione rappresenta, insomma, una precondizione indispensabile e necessaria perché l'assemblea, in videoconferenza o meno con taluni condomini, si svolga regolarmente.