Il commento di Giulio Benedetti a Cass, sez. VI-3, 30 ottobre 2019, n. 27970, "Normativa piscine: sicurezza e tutela del condòmino", in tema di responsabilità derivanti dalla proprietà di una piscina, induce a qualche breve riflessione sulla riconducibilità di una piscina nel novero delle parti comuni di un condominio, ai sensi degli artt. 1117 e 1117-bis c.c.
È noto come il nesso di condominialità, presupposto dalla regola di attribuzione di cui all'art. 1117 c.c., suppone che fra le unità immobiliari di proprietà esclusiva e le cose, gli impianti ed i servizi di uso comune sia ravvisabile o un collegamento materiale, oppure un collegamento funzionale.
Il collegamento materiale tra beni comuni e porzioni individuali postula la incorporazione tra entità inscindibili, mentre il collegamento funzionale implica una congiunzione tra cose separabili. Il primo si manifesta come necessità per l'esistenza o per l'uso comune (art. 1117 n. 1, c.c.: il suolo, il tetto, le fondamenta, le scale, i muri maestri, ecc...). Il nesso funzionale, si basa, invece, sulla destinazione all'uso comune (art. 1117 nn. 1 e 2, c.c.: portineria, sottotetti, impianto di riscaldamento, tubature, ascensore, ecc.). Il collegamento tra beni individuali e parti comuni viene spiegato in giurisprudenza come "relazione di accessorietà": il diritto di condominio, cioè, si instaura solo se ricorre tale relazione di accessorietà tra beni, impianti o servizi comuni, e unità immobiliari di proprietà individuale.
Le cose, gli impianti ed i servizi di uso comune, contemplati dall’art. 1117 c.c., non sono, perciò, suscettibili di autonoma utilità, giacché o strutturalmente necessari alla stessa esistenza del bene individuale, o funzionalmente destinati a servizio di questo. In ciò consiste l’essenziale differenza fra beni condominiali e beni in comunione, nei quali ultimi difetta il carattere della strumentalità rispetto alle proprietà esclusive (Cass. 6 marzo 2019, ...