1. Premessa: dal “cortile” ai “cortili”.
Il cortile rientra espressamente tra i beni che si presumono comuni a tutti i condomini, ex art. 1117, n. 1, c.c. salvo titolo contrario.
Cosa si debba intendere per “cortile”, però, è stato oggetto di indagine ad opera delle giurisprudenza, la quale ha chiarito che rientra nella nozione (a) anzitutto lo spazio scoperto esistente all’interno di un condominio – e quindi la superficie calpestabile, con la sovrastante colonna d’aria – la cui funzione primaria è quella di assicurare aria e luce alle unità immobiliari che su di esso si affacciano (Cass., sez. II, 15 giugno 2012, n. 9875), ma anche (b) i vari spazi liberi disposti esternamente alle facciate dell'edificio - quali gli spazi verdi, le zone di rispetto, le intercapedini, i parcheggi (Cass., sez. II, 9 giugno 2000, n. 7889) - con la precisazione, a tale ultimo riguardo, che, poiché il suolo che cade in comunione, ex art. 1117, n. 1, c.c. è esclusivamente quello occupato e circoscritto dalle fondamenta e dai muri perimetrali, il giardino adiacente l'edificio condominiale che non presenti tali caratteristiche, né sia destinato al servizio delle unità che vi si affacciano (ad esempio, fornendovi l'accesso), non può essere ricompreso nella nozione di "cortile", con la conseguenza ulteriore che ne discende per cui la sua natura comune non può essere presunta ex art. 1117, n. 1, ma deve risultare da un apposito titolo (Cass., sez. II, 3 giugno 2015, n. 11444).
Allorché strutturalmente destinata a dare aria, luce ed accesso a tutti i fabbricati che la circondano, poi, soggiace (tanto più alla luce del nuovo art. 1117-bis c.c.) alla disciplina condominiale (c) l'area cortilizia interposta tra più edifici appartenenti a proprietari diversi: chiara in tal senso Cass. ...