In sede di conversione in legge del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19, il Senato ha operato alcune modifiche all’art. 103 del d.l., rubricato “Sospensione dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti amministrativi in scadenza”. In particolare, per quanto qui interessa porre in evidenza, il comma 2 dell’art. 103, il cui testo nel decreto legge dispone che «tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 15 aprile 2020, conservano la loro validità fino al 15 giugno 2020», nella versione approvata dal Senato prevedrebbe: «Tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, compresi i termini di inizio e di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche alle segnalazioni certificate di inizio attività, alle segnalazioni certificate di agibilità, nonché alle autorizzazioni paesaggistiche e alle autorizzazioni ambientali comunque denominate. Il medesimo termine si applica anche al ritiro dei titoli abilitativi edilizi comunque denominati rilasciati fino alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza». Di rilievo ancora maggiore risulta il testo del comma 2-ter dell’art. 103, sempre introdotto dal Senato all’atto della conversione, giacché in base ad esso «nei contratti tra privati, in corso di validità dal 31 gennaio 2020 e fino al 31 luglio 2020, aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori edili di qualsiasi natura, i termini di inizio e fine lavori si intendono prorogati per un periodo pari alla durata della proroga di cui al comma 2. In deroga ad ogni diversa previsione contrattuale, il committente è tenuto al pagamento dei lavori eseguiti sino alla data di sospensione dei lavori».
Tale disposizione pone enormi dubbi di natura interpretativa e comporterebbe notevoli effetti sulle gestioni condominiali.
Andiamo per gradi.
1. “I contratti tra privati aventi ad oggetto l’esecuzione di lavori edili di qualsiasi natura”
Tale nozione dovrebbe, di regola (e forse anche nelle reali intenzioni, riamaste oscure, del legislatore) identificarsi con i contratti d’appalto ex art. 1655 codice civile, e, cioè, con le convenzioni con le quali un imprenditore commerciale assume, verso un corrispettivo in denaro, e dunque a fine di lucro, il compimento di opere di edilizia con organizzazione dei mezzi necessari ed a proprio rischio, ossia coordinando e predisponendo tutti i fattori necessari per la costruzione (richiesta di concessione edilizia, reperimento dei capitali, affidamento della progettazione, ecc.).
L’infelice ed indeterminata lettera della norma ne determina, tuttavia, l’applicabilità anche, ad esempio, all’ipotesi di un accordo di transazione concluso tra il proprietario di un fabbricato ed un'impresa edile per l'esecuzione di lavori necessari a riportare in pristino stato l’immobile del primo oggetto di lesioni da riparare.
D’altro canto, l’esecuzione di lavori edili, contemplata dal comma 2-ter dell’art. 103 cit. potrebbe rivelarsi prestazione imposta da un contratto avente ad oggetto la cessione di un fabbricato o di una porzione di fabbricato non ancora compiutamente realizzato o da ristrutturare, con previsione dell'obbligo del cedente - che sia anche imprenditore edile - di eseguire i lavori necessari al fine di completare il bene o di renderlo idoneo al godimento, così meritando la qualificazione di vendita di cosa futura, oppure di negozio misto caratterizzato da elementi propri della vendita di cosa presente (con conseguente effetto traslativo immediato) e dell'appalto, a seconda che l'obbligo di completamento dei lavori assuma, nel sinallagma contrattuale, un rilievo centrale, ovvero soltanto accessorio e strumentale rispetto al trasferimento della proprietà attuale.
Ancora, l’esecuzione di lavori edili potrebbe costituire la realizzazione dell’oggetto sociale di un consorzio di imprese, sicché l’affidamento delle opere alla singola consorziata non assurge ad autonomo contratto d’appalto fra l’ente consortile e l’impresa aderente.
2.“In corso di validità dal 31 gennaio 2020 e fino al 31 luglio 2020”
La dicitura “contratti in corso di validità” è tipica dei contratti pubblici (si veda, ad esempio, art. 106 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 - Codice dei contratti pubblici”). I civilisti, con maggior rigore linguistico, tradurrebbero l’espressione come “in corso di efficacia”. Le esigenze di comprensibilità del riferimento possono rendere equivalente la spiegazione nel senso di “appalti di corso di esecuzione”.
3. “I termini di inizio e fine lavori si intendono prorogati”
Anche la formulazione di questa parte della nuova norma lascia perplessi. L’appalto per la realizzazione di lavori edili (che, si ripete, sembra essere la figura tipica cui il Senato voleva riferirsi allestendo il comma 2-ter dell’art. 103 cit.) non è un contratto ad esecuzione continuata o periodica (lo si definisce solitamente, infatti, contratto “ad esecuzione prolungata”): l’interesse del committente viene in esso soddisfatto una sola volta con la consegna delle opere, sicché era a quest’ultima che il legislatore avrebbe dovuto far riferimento allo scopo di differirne l’esigibilità per un periodo pari alla durata della proroga stabilita dal comma 2 per tutti i titoli abitativi edilizi in scadenza, pari a novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza.
D’altro canto, ove le parti avessero convenuto un termine finale per l’esecuzione delle opere, esso si intende come relativo alla verifica ex art. 1665 codice civile, la quale perciò sarebbe anch’essa differita per il tempo indicato dal comma 2-ter dell’art. 103.
Se invece committente e appaltatore non abbiano fissato espressamente un termine per l'esecuzione della prestazione, spetta al giudice il potere, ai sensi dell’art. 1183, comma 1, codice civile, di determinare, anche a posteriori, tale termine.
4. Sospensione dell’esecuzione dei lavori edili per factum principis
In ogni caso, com’è noto, si deve al D.P.C.M. 22 marzo 2020 sull’emergenza COVID-19 la sospensione di tutte le attività produttive, industriali e commerciali non contemplate tra quelle indicate nell’allegato 1. Nel contratto di appalto, rimane a carico del committente l’obbligazione di assicurare all'appaltatore, per tutta la durata del rapporto, la giuridica possibilità di eseguire i lavori affidatigli. Il rischio del compimento dell'opera, assunto dall'appaltatore a norma dell'art 1655 codice civile, ha quindi, un contenuto meramente tecnico. La sospensione dei lavori edili disposta con atto amministrativo, il quale dà attuazione a disposizioni legislative emergenziali e che così diviene un atto normativo “atipico”, integra l'ipotesi di forza maggiore derivante dal factum principis, che rende la consegna e la verifica delle opere (come il pagamento del corrispettivo ad esse condizionato) inesigibili negli originari termini, essendo il ritardo derivante da cause non dipendenti dalle parti e non prevedibili all'epoca del contratto d'appalto.
Poiché la sospensione dei lavori di appalto costituisce causa di forza maggiore, per adempimento di doveri imposti dal factum principis, la stessa non legittima l’appaltatore neppure a richiedere l’equo compenso a norma dell’art. 1664, secondo comma, codice civile.
Il factum principis, nella specie consistente in un provvedimento legislativo od amministrativo, dettato da interessi generali, che renda impossibile (benché temporaneamente) la prestazione, indipendentemente dal comportamento dell'obbligato, se è idoneo ad escludere l'imputabilità dell'inadempimento (dal che discende la totale inutilità dell’art. 91 del medesimo d.l. n. 18/2020, secondo cui il rispetto delle misure di contenimento è sempre valutato ai fini dell'esclusione della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali), può però rilevare come causa di risoluzione alla stregua dell’art. 1463 codice civile.
E’ evidente che la liberazione per sopravvenuta impossibilità della prestazione di esecuzione dei lavori edili non possa essere invocata nel caso in cui le parti non avessero adempiuto le loro rispettive obbligazioni nei termini contrattualmente stabiliti, e poi intendessero beneficiarsi in modo surrettizio di tale impossibilità con riferimento al sopravvenuto divieto dell'autorità amministrativa.
Essendo l’appaltatore impossibilitato ad eseguire le opere, il committente può anche avvalersi del diritto di recesso di cui all'art. 1671 codice civile, esercitabile, a differenza del recesso ex art. 1373 codice civile, in un qualsiasi momento posteriore alla conclusione del contratto e quindi anche ad iniziata esecuzione del medesimo. Il recesso legale di cui all'art. 1671 codice civile prescinde, infatti, da eventuali inadempienze dell'altro contraente alle obbligazioni assunte; esso però determina un obbligo indennitario a carico del committente correlato alle perdite subite all'appaltatore - per le spese sostenute ed i lavori eseguiti - ed al mancato guadagno.
A fronte del mancato adempimento dipendente dalla sopravvenuta relativa impossibilità della prestazione per causa non imputabile all’appaltatore, al committente resta ulteriormente praticabile l'esercizio dell'eccezione d'inadempimento ex art. 1460 codice civile, giacché tale eccezione prescinde dalla responsabilità della controparte, essendo comunque meritevole di tutela l'interesse della parte a non eseguire la propria prestazione in assenza della controprestazione, e ciò per evitare di trovarsi in una situazione di diseguaglianza rispetto alla controparte medesima.
5. “In deroga ad ogni diversa previsione contrattuale, il committente è tenuto al pagamento dei lavori eseguiti sino alla data di sospensione dei lavori”
Il comma 2-ter dell’art. 103 cit., come introdotto dal Senato all’atto della conversione del decreto-legge, sovverte le regole sull’esigibilità del corrispettivo dell’appalto dettate dall’art. 1665 codice civile, indipendentemente anche da ogni diversa pattuizione dei contraenti, rendendo immediatamente dovuto per il committente il prezzo della parte di opere già eseguite al momento della sospensione dei lavori. Il valore dei lavori eseguiti andrà determinato sulla base delle tariffe contrattuali, prescindendo da ogni accertamento dell’utilità concreta della parte di opere in favore dell’appaltatore. Nel calcolo dei lavori eseguiti si dovrebbe tener conto anche delle opere provvisionali realizzate.
L’obbligo stabilito per legge di immediato pagamento in favore dell’appaltatore delle opere eseguite fino al momento della sospensione dovuta alle misure emergenziali, sulla base della constatazione, misurazione e contabilizzazione dei lavori attuate in contraddittorio delle parti o dal direttore dei lavori, non varrà comunque ad integrare e sostituire la verifica dell'opera che, ai sensi dell'art. 1665 codice civile, il committente ha comunque il diritto di eseguire soltanto dopo l'ultimazione dei lavori medesimi, né perciò renderà incontrovertibile la pretesa al corrispettivo maturato sulla base dei conteggi provvisori. Resterà salva per il committente la possibilità di dimostrare che, per quantità dei lavori eseguiti e prezzi applicati, l'opera infine consegnata risulta difforme da quella documentata da tali atti.
E’, del resto, risaputo che anche qualora in un contratto di appalto, come accade di frequente, le parti abbiano previsto il versamento di acconti sul corrispettivo in favore dell'appaltatore subordinati alla contabilizzazione da parte della direzione dei lavori della quantità di prestazioni previste dai contraenti, le singole obbligazioni di pagamento a carico del committente non sorgono contestualmente all'obbligazione dell'appaltatore all'esatto adempimento, che ha come termine di adempimento unico quello della consegna dell'opera compiuta. Tant’è che il committente inadempiente all'obbligazione di corrispondere i singoli acconti non può fondatamente avvalersi dell'eccezione di inadempimento, in quanto lo stesso art. 1460 codice civile esclude che, nei contratti con prestazioni corrispettive, ove sia pattiziamente prevista la diversità dei termini di adempimento, il contraente tenuto per primo alla prestazione e resosi inadempiente possa giovarsi dell'exceptio inadimpleti contractus.
6. Che effetto avrebbe sugli appalti condominiali l’obbligo di legge di pagamento immediato dei lavori eseguiti?
Il comma 2-ter dell’art. 103, introdotto dal Senato all’atto della conversione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, provocherebbe gravi problemi di gestione negli appalti condominiali in corso.
E’ noto come l’art. 1, comma 9, del d. l. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito in l. 21 febbraio 2014, n. 9, integrò la Riforma del condominio del 2012 modificando, tra l’altro, la disciplina della deliberazione assembleare di approvazione delle opere di manutenzione straordinaria del fabbricato o delle innovazioni, regolata dall’art. 1135, n. 4, c.c.: è rimasta in via di principio tuttora obbligatoria la costituzione di un fondo speciale d’importo pari all’ammontare dei lavori, ma il d.l. conosciuto come “Destinazione Italia” ha aggiunto che «se i lavori devono essere eseguiti in conformità a un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, il fondo può essere costituito sui singoli pagamenti dovuti». In effetti, l’obbligatorietà della costituzione del fondo speciale per la manutenzione straordinaria e le innovazioni era stata uno dei punti di svolta operati dalla legge n. 220 del 2102. Le difficoltà pratiche che questa norma comportava nella sua formulazione originaria avevano però scatenato le fantasie interpretative degli studiosi e degli operatori, spesso anche in contrasto con il significato proprio delle parole adoperate dal legislatore. Il d. l. Destinazione Italia ha affidato allora ai condomini la facoltà alternativa di stabilire in delibera che il contratto da stipulare con l’appaltatore dei lavori di manutenzione straordinaria o delle opere di innovazione preveda un pagamento collegato agli stati di avanzamento, nel qual caso il fondo speciale può essere costituito in relazione ai pagamenti dovuti di volta in volta. L’art. 1665 c.c. lascia, del resto, il committente e l’appaltatore liberi di stabilire se il pagamento del corrispettivo dell’appalto debba avvenire a rate, a scadenze determinate o in relazione allo stato di avanzamento dei lavori, o che sia corrisposto in unica soluzione nel momento concordato, anteriore o posteriore all'accettazione delle opere. La non obbligatorietà della preventiva costituzione del fondo condominiale per l’intero importo dei lavori a svolgersi è quindi rimessa all’espressa approvazione in sede di delibera di un contratto che fissi il pagamento per stati di avanzamento dei lavori. È palese come i due fondi adesso contemplati dall’art. 1135, n. 4, c.c. rivelino natura e modalità operative del tutto dissimili: il fondo speciale unico ideato dalla Riforma del 2012 è un fondo necessariamente preventivo rispetto all’esecuzione dei lavori, laddove il fondo del d.l. Destinazione Italia è un fondo strutturalmente successivo e conseguente alla realizzazione delle opere. Il fondo graduale, venendo allestito soltanto dopo l’approvazione dei singoli stati d’avanzamento, suppone la già avvenuta esecuzione delle opere contabilizzate e quindi, a differenza del fondo integrale, pure l’immediata esigibilità del credito dell’appaltatore per la parte di prezzo corrispondente a quello specifico stato di avanzamento. Deve necessariamente essere la delibera assembleare concernente le riparazioni straordinarie o le innovazioni, a pena della sua invalidità, a determinare, allora, le modalità di pagamento per stati di avanzamento all’interno del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta, poiché solo questo definito contenuto del rapporto negoziale con l’appaltatore può esonerare i condomini dal versare l’obbligatorio intero fondo preventivo.
L’entrata in vigore dell’ipotizzato comma 2-ter dell’art. 103 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, comporterebbe la possibile immediata esigibilità da parte degli appaltatori del corrispettivo delle opere condominiali eseguite prima della sospensione emergenziale, seppur ancora non contabilizzate in uno stato d’avanzamento approvato, e quindi in rapporto alle quali non risulta ancora costituito dall’assemblea il necessario fondo.