1. La ricostruzione della disciplina generale
La decretazione d'urgenza degli ultimi giorni, volta al contenimento ed alla prevenzione dal contagio da COVID-19, impone alcune considerazioni relativamente alla sorte delle assemblee condominiali che, pur nella vigenza di tali previsioni e nonostante le raccomandazioni provenienti dalle maggiori organizzazioni rappresentative di categoria degli amministratori di condominio, dovessero comunque svolgersi (in argomento, si veda già Chiesi, L'assemblea al tempo del coronavirus, martedì, 03 marzo 2020).
Con d.l. 23.2.2020, n. 6, recante "Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19", è stato prevista, tra l'altro e con riferimento ai comuni o alle aree in cui risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area già interessata dal contagio del menzionato virus, la possibilità di disporre la "sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico".
Il D.P.C.M. 1 marzo 2020, in fase di prima attuazione del suddetto D.L. ha previsto, all'art. 1, comma 1, il divieto di allontanamento dai comuni di cui all'allegato 1 da parte di tutti gli individui comunque ivi presenti (lett. a), il divieto di accesso nei comuni di cui all'allegato 1 (lett. b), la sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato (lett. c).
Il successivo D.P.C.M. 4 marzo 2020, nel disciplinare in modo unitario ed uniforme, sull'intero territorio nazionale, le misure e gli interventi attuativi per contenere e prevenire l'ulteriore diffusione del contagio, ha disposto, (a) all'art. 1, comma 1, lett. b), la sospensione di tutti gli eventi e manifestazioni di qualunque natura, svolti in luogo pubblico o privato, che "comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro", includendo (b) all'art. 2, comma 1, lett. b), la raccomandazione alle "persone anziane o affette da patologie croniche o con multimorbilità ovvero con stati di immunodepressione congenita o acquisita, di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta osservanza e di evitare comunque luoghi affollati nei quali non sia possibile mantenere la distanza interpersonale di almeno un metro".
È intervenuto, quindi, il D.P.C.M. 8 marzo 2020 che, nell'adottare misure ulteriormente restrittive, ha previsto, nei territori appartenenti all'area unica di cui all'art. 1, la "forte raccomandazione", ai soggetti con sintomatologia febbrile superiore ai 37,5° e difficoltà respiratoria, a non lasciare il proprio domicilio (lett. a), nonché il divieto di allontanamento dal domicilio o dalla dimora per i soggetti in quarantena o contagiati dal virus (lett. b) e l'adozione, in tutti i casi possibili, nello svolgimento di riunioni, di modalità di collegamento da remoto; nel resto del territorio nazionale, poi, l'art. 2, lett. z, poi, il D.P.C.M. conferma il divieto di allontanamento dal domicilio o dalla dimora per i soggetti in quarantena o contagiati dal virus. L'art. 4, comma 2, del medesimo decreto, infine, sottopone la violazione di tali prescrizioni alla disciplina dell'art. 650 cod. pen., salvo che il fatto costituisca più grave reato.
Da ultimo, il D.P.C.M. 9 marzo 2020, entrato in vigore in data odierna (10 marzo 2020), ha esteso le misure di cui all'art. 1 del D.P.C.M. dell'8 marzo all'intero territorio nazionale (art. 1, comma 1), vietando altresì, sempre con efficacia sull'intero territorio nazionale, ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico (art. 1, comma 2).
2. L'influenza della decretazione d'urgenza sullo svolgimento delle assemblee
Orbene, dall'esame della normativa suddetta, un primo dato appare non seriamente contestabile: le riunioni di condominio, pur non essendo indicate nominatim, rientrano tra le "manifestazioni o iniziative...e ogni forma di riunione...in luogo privato" di cui al d.l. n. 6 del 2020, per ciò stesso sottoposte alla disciplina della sospensione ex lege di cui ai D.P.C.M. dell'1 marzo - per i comuni della originaria "zona rossa" - e del 4 marzo 2020 - per tutto il territorio nazionale. Relativamente a tale ultima disciplina, peraltro, la normativa di cui al D.L. n. 6 essere integrata - soprattutto per i condomini di grandi dimensioni ovvero per i supercondomini - con la disposizione del D.P.C.M. del 4 marzo, che fa riferimento alla sospensione di quegli "eventi" che prevedono un affollamento di persone tale, da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro.
Trattandosi di sospensione disposta ex lege per ragioni di ordine igienico-sanitario (tanto il d.l. n. 6 del 2020, quanto i successivi D.P.C.M. di cui si è detto, sono stati adottati per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19), ne consegue che un eventuale deliberato assunto nella vigenza delle richiamate disposizioni sarebbe affetto da insanabile e radicale nullità, per contrarietà a norma imperativa: l'assemblea, infatti, quand'anche legittimamente convocata anteriormente all'entrata in vigore delle previsioni in commento, proprio per effetto della sopravvenienza di queste ultime non potrebbe regolarmente svolgersi. Non appare, invece, possibile, ricondurre il vizio in questione alla nullità per contrarietà all'"ordine pubblico" - che pure, nella specie, potrebbe astrattamente trovare un proprio autonomo spazio applicativo, con tale accezione dovendosi intendere quelle norme che il legislatore rende inderogabili ai privati, per provvedere anche alla diretta tutela di interessi della collettività (Cass. 17.3.1970, n. 690) - avendo tale formante valenza sussidiaria rispetto al referente rappresentato dalle norme imperative.
La conclusione (l'invalidità della delibera, cioè) non muta, peraltro, neppure laddove, nello svolgimento dell'assemblea, sia concretamente garantita la distanza interpersonale prevista dal D.P.C.M. 4 marzo 2020, ipotesi in cui non opera la descritta sospensione: ed infatti, stanti (a) i divieti di allontanamento dal domicilio o dalla dimora dei soggetti in quarantena ovvero contagiati, (b) la raccomandazione "forte" ai soggetti più deboli di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta osservanza, nonché (c) la previsione di sanzioni di natura penale in caso di contravvenzione a tali divieti e raccomandazioni - prescrizioni ora vigenti sull'intero territorio nazionale, per effetto di quanto previsto dall'art. 1, comma 1, del D.P.C.M. 9 marzo 2020 - va da sé che, nei complessi ove siano presenti tali categorie di condomini, la riunione finirebbe per svolgersi, sia pure per factum principis, senza possibilità, per alcuni dei proprietari esclusivi delle unità immobiliari, di potervi prendere parte personalmente, come invece consentito dall'art. 67, comma 1, disp. att. cod. civ. (che contempla la possibilità di partecipazione a mezzo delegato come una evenienza aggiuntiva - "anche a mezzo di rappresentante" - e non obbligatoria).
Ne consegue che, in tali ipotesi, lo svolgimento dell'assemblea risulterebbe viziato, "a monte", dalla compressione di un diritto del condomino, indisponibile finanche da un regolamento contrattuale ovvero da una deliberazione assunta all'unanimità (cfr. l'art. 72 disp. att. c.c.), senza che l'art. 67 cit. sia stato interessato da alcun intervento manipolativo in tal senso, espresso ovvero implicitamente ricavabile per via esegetica (secondo il principio per cui una normativa speciale - quale quella condominiale - è insuscettibile di essere abrogata implicitamente da una norma generale, in virtù del principio "lex posterior non derogat priori speciali"): donde la nullità "derivata" della delibera.
3. La gestione ordinaria e straordinaria dell'amministratore
Nell'impossibilità oggettiva di funzionamento dell'assemblea e stante la contestuale impossibilità di ricorrere all'A.G. ex art. 1105 c.c. - a cagione della sospensione delle attività giurisdizionali e dei termini processuali nel settore civile, disposta dall'art. 1 del d.l. 8 marzo 2020, n. 11, non rientrando la materia tra le esclusioni contemplate dall'art. 2, comma 2, lett. g), del medesimo d.l. - va da sé che, nel periodo di vigenza delle richiamate disposizioni emergenziali, l'intero "peso" della gestione condominale finisce per gravare sull'amministratore, tanto per l'attività ordinaria, istituzionalmente devolutagli dall'art. 1130 cod. civ., quanto per quella straordinaria "urgente", grazie alla clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 1135, comma 2, cod. civ..
In tale contesto, però, va ricordato: 1) in tema di condominio negli edifici, il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all'iniziativa dell'amministratore nell'esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condomini ex art. 1133 c.c., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall'art. 1135, comma 2, c.c., riposa sulla "normalità" dell'atto di gestione rispetto allo scopo dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni, sicché gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell'assemblea condominiale (Cass., 25.5.2016, n. 10865); 2) l'iniziativa contrattuale dell'amministratore che, senza previa approvazione o successiva ratifica dell'assemblea, disponga l'esecuzione di lavori di manutenzione straordinaria dell'edificio condominiale, non determina l'insorgenza di alcun obbligo di contribuzione dei condomini al riguardo, non trovando applicazione il principio secondo cui l'atto compiuto, benché irregolarmente, dall'organo di una società resta valido nei confronti dei terzi che abbiano ragionevolmente fatto affidamento sull'operato e sui poteri dello stesso, giacché i poteri dell'amministratore del condominio e dell'assemblea sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1335 c.c., che limitano le attribuzioni del primo all'ordinaria amministrazione, mentre riservano alla seconda le decisioni in materia di amministrazione straordinaria; né il terzo può invocare l'eventuale carattere urgente della prestazione commissionatagli dall'amministratore, valendo tale presupposto a fondare, ex art. 1135, ultimo comma, c.c., il diritto dell'amministratore al rimborso selle spese nell'ambito interno al rapporto di mandato (Cass., 17.8.2017, n. 20136); 3) a differenza di quanto previsto dall'art. 1134 cod. civ. - che consente il rimborso al condomino delle spese sostenute senza autorizzazione soltanto in caso di urgenza - l'art. 1135 cod. civ. non contiene analogo divieto di rimborso delle spese non urgenti sostenute dall'amministratore nell'interesse comune; ne consegue che l'assemblea di condominio può ratificare le spese ordinarie e straordinarie effettuate dall'amministratore senza preventiva autorizzazione, anche se prive dei connotati di indifferibilità ed urgenza, purché non voluttuarie o gravose, e, di conseguenza, approvarle, surrogando in tal modo la mancanza di una preventiva di delibera di esecuzione (Cass., 10.8.2009, n. 18192).