Ricorrenti e tragici fatti di cronaca e di sangue, avvenuti anche all’interno dei condomini e che hanno coinvolto perfino gli amministratori, hanno reso evidente l’insopportabile grado di intolleranza reciproca il quale si è diffuso nella nostra nazione. Non deve trascurarsi la constatazione per cui il reato di cui all’art. 612-bis c.p. è talvolta accompagnato da condotte estorsive finalizzate ad ottenere la vendita di un appartamento ad un prezzo vile da parte del danneggiato, il quale è, pertanto, costretto ad una cessione che non avrebbe realizzato in tali termini; addirittura tali condotte, in alcuni casi, sono finalizzate ad allontanare determinati soggetti da appartamenti posti all’interno del condominio.
In particolare risulta evidente che tutti i tradizionali sistemi sociali, pubblici, privati e famigliari, di intermediazione e di moderazione, i quali per lungo tempo hanno mediato i conflitti interpersonali, sono ormai superati da un diffuso individualismo. Tale constatazione sociologica non è priva di riscontri non solo nella vita quotidiana, ma anche nelle scelte di politica criminale. Invero il vigente codice penale, emanato nel 1930, affronta i temi della convivenza reciproca dando per scontata l’esistenza nella società di corpi intermedi idonei a raffigurare l’intervento del Giudice come “estrema ratio”. In tal senso non diversamente può intendersi la serie di norme, quali quelle che puniscono i maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), le molestie (art. 660 c.p.), le minacce (art. 612 c.p.), la violenza privata (art. 610 c.p.), le quali prevedono per i trasgressori pene tutto sommato modeste per condotte, in realtà, particolarmente riprovevoli. Ne consegue che per detti reati l’intervento effettivo della pubblica Autorità, tradizionalmente impegnata a contrastare altre ben più gravi forme di criminalità, risulta modesto e spesso insoddisfacente per il cittadino. Una prima reazione a tale situazione ...