La azione civile per contrastare l’aggressione da rumore
La tutela del cittadino dall’aggressione da rumore tradizionalmente trova il suo fondamento nell’art. 844 c.c. che vieta al proprietario del fondo di emettere, nei riguardi del vicino, rumori che superino “la normale tollerabilità” la quale deve essere determinata “avuto riguardo alla condizione dei luoghi”. In ogni caso nell’applicazione della norma il giudice “deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà” e “può tenere conto di un determinato uso”. La semplice lettura della norma evidenzia nel legislatore dell’epoca la visione antiquata e decisamente agreste dei rapporti di vicinato nei quali le singole proprietà sono raffigurate come stati sovrani, sempre pronti a muoversi guerra reciproca e l’intervento del giudice è finalizzato a comporre la lite ed a stabilire i termini non della pace, ma solo dell’armistizio. La stessa giurisprudenza risente di tale impostazione laddove afferma (Cass. n. 7411 del 16 giugno 1992) che l’art. 844 c.c. “si riferisce a quei fenomeni collaterali a legittime attività umane, di norma produttive, che si propagano da un fondo ad un altro con mezzi naturali” e che i parametri di tollerabilità siano disponibili e modificabili dai singoli proprietari per cui (Cass., Sent. n. 1195 del 4 febbraio 1992): “qualora i condomini con il regolamento di condominio, abbiano disciplinato i loro rapporti reciproci in materia di immissioni con norma più rigorosa di quella dettata dall’art. 844 c.c., che ha carattere dispositivo, della liceità o meno della concreta immissione si deve giudicare non alla stregua del principio generale posto dalla legge, bensì del criterio di valutazione fissato nel regolamento”.
Il ricorso all’art. 844 c.c. risulta comunque fondamentale per la tutela del cittadino in quanto la norma contempla anche il divieto delle vibrazioni, ugualmente dannose, se ...