Con la sentenza n. 17992 del 2 luglio 2025 la Corte di Cassazione, decidendo su un appello proposto dai contribuenti in relazione all’impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito di iscrizione a ruolo dell’imposta di successione, ha delineato i limiti di riscossione nei casi di accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario.
Prima di entrare nel merito della sentenza, riteniamo opportuno far presente che, in tema di riscossione dell’imposta di successione in capo agli eredi, l’articolo 36, commi 1-3, del decreto legislativo n.346/1990 (Testo Unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni - TUS) prevede che:
- gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari;
- i coeredi che hanno accettato l’eredità col beneficio d’inventario sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nel limite del valore della propria quota ereditaria.
- fino a quando l’eredità non sia stata accettata, o non sia stata accettata da tutti i chiamati, i chiamati all’eredità, o quelli che non hanno ancora accettato, e gli altri soggetti obbligati alla dichiarazione della successione, esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti.
Sulla base dell’esposto contenuto normativo e dell’orientamento espresso dalla Cassazione in precedenti sentenze si è evidenziato che “l’accettazione beneficiata non fa venir meno l’obbligazione dell’erede intra vires, in quanto l’erede accettante beneficiato rimane comunque erede, benché nei limiti del patrimonio ereditario e diviene destinatario della pretesa impositiva nei limiti del valore dell’asse ereditario oggetto di accettazione beneficiata. Ne consegue che, l’accettazione beneficiata non può comportare l’annullamento della cartella di pagamento, ma unicamente comportarne la validità della stessa nei limiti del patrimonio ereditario oggetto di accettazione beneficiata”.
Nel ricorso presentato, i ricorrenti hanno sostenuto la violazione e l’erronea applicazione della normativa, con riferimento in particolare al citato 2° comma dell’articolo 36 del decreto legislativo n.346/1990, poiché, nella fattispecie contestata, l’eredità era stata accettata con beneficio di inventario dal quale non risultava “liquidità sufficiente per provvedere al versamento delle imposte relative alla dichiarazione di successione in oggetto”.
Ciò premesso, con la sentenza in oggetto, la Cassazione ha ribadito che l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario non preclude all’amministrazione di esercitare il potere impositivo mediante la rettifica della dichiarazione presentata e la notifica di un avviso di liquidazione nei confronti dell’erede, la cui obbligazione tributaria per l’imposta di successione non potrà, però, essere fatta valere al momento della riscossione “sino a quando non si sia chiusa la procedura dj liquidazione dei debiti ereditari, e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell’erede”.
La sentenza, quindi, conferma il principio di diritto secondo il quale, per quel che concerne l’imposta di successione, l’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario non comporta deroga al regime impositivo delineato dal decreto legislativo n.346/1990 con riferimento alla determinazione della base imponibile e al momento della riscossione dell’imposta nei confronti dei soggetti che hanno accettato con beneficio d’inventario, nel rispetto del limite della sua responsabilità per l’imposta di successione; tuttavia, ancorché la definitività dell’atto impositivo incide sull’obbligazione tributaria dell’erede beneficiato, “la relativa responsabilità debitoria per l’imposta non potrà essere fatta valere al momento della riscossione sino a quando non si sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari, e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell’erede.