Con il Decreto direttoriale del 16 giugno 2025, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha ufficialmente aperto la piattaforma informatica per la prenotazione del credito d’imposta destinato agli investimenti in beni strumentali nuovi, funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese. La misura, che rientra nel più ampio quadro del Piano Transizione 4.0, conferma un plafond finanziario di 2,2 miliardi di euro per il 2025, segnalando chiaramente la volontà del governo di mantenere alta la pressione sul fronte dell’ammodernamento produttivo.
Si tratta di un ulteriore aggiornamento di una misura introdotta originariamente con la Legge di Bilancio 2020 e costantemente ricalibrata, sia in termini temporali che operativi, nei provvedimenti successivi, fino alla Legge di Bilancio 2024 (L. 207/2024). Quest’ultima ha infatti prorogato la possibilità di fruire del credito d’imposta anche per gli investimenti effettuati fino al 31 dicembre 2025, o entro il 30 giugno 2026 in presenza di un ordine accettato e di un acconto pari almeno al 20% del costo complessivo.
Ma quali sono le novità operative introdotte con il decreto del 16 giugno?
In primo luogo, viene chiarito che la presentazione delle comunicazioni avverrà esclusivamente online, a partire dalle ore 14:00 del 17 giugno 2025, attraverso l’apposita sezione “Transizione 4.0” del sito del GSE (Gestore dei Servizi Energetici). L’accesso sarà garantito tramite SPID e sarà disponibile un modello editabile, da compilare telematicamente. La digitalizzazione del processo, già iniziata nei precedenti aggiornamenti normativi, si fa ora completa e vincolante.
In secondo luogo, si consolida il principio della prenotazione delle risorse secondo l’ordine cronologico di invio: una logica da “click-day” che premia le imprese più pronte e strutturate, ma che potrebbe penalizzare quelle meno digitalizzate o con minore dimestichezza con le procedure amministrative complesse. È quindi presumibile che molte PMI, nonostante siano formalmente destinatarie della misura, possano incontrare ostacoli di natura operativa e tecnica.
Il decreto precisa inoltre che, entro 30 giorni dall’invio del modello preventivo, le imprese dovranno integrare i dati con le informazioni sul pagamento della quota minima del 20% oppure con il contratto di leasing. In caso di indisponibilità momentanea di risorse, il GSE fornirà comunicazione all’impresa e conserverà comunque l’ordine cronologico come criterio di priorità. Questa modalità cerca di garantire trasparenza e prevedibilità, ma introduce anche margini di incertezza sulle tempistiche di conferma.
Non meno rilevante è la questione della determinazione del credito fruibile, che sarà pari al minore tra l’importo prenotato e quello effettivamente maturato. Il credito, come previsto dalla risoluzione n. 41/E dell’Agenzia delle Entrate (11 giugno 2025), potrà essere fruito in compensazione tramite modello F24 con codice tributo 7077.
Ma a chi è rivolto realmente questo incentivo?
Secondo l’Allegato A della Legge 232/2016, i beni agevolabili sono quelli ad alto contenuto tecnologico e interconnesso: dalle macchine utensili per l’industria 4.0 ai robot collaborativi, dai magazzini automatizzati agli strumenti per la sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica. Il legislatore continua a spingere sull’acceleratore dell’innovazione, con una chiara visione: traghettare il sistema produttivo italiano verso un modello smart, resiliente e digitale.
Questa edizione della misura tuttavia si colloca in una fase di transizione non solo tecnologica, ma anche politica e macroeconomica. Con un tessuto industriale fortemente diversificato e un quadro di rallentamento generale degli investimenti privati, la vera sfida sarà il tasso di conversione tra agevolazione disponibile e investimento effettivo. Infatti, la stessa esigenza di prenotazione anticipata e di conferma rapida degli ordini indica che il governo vuole monitorare non solo la spesa, ma anche la sua ricaduta immediata sull’economia reale.
C’è poi un tema di semplificazione: il decreto cerca di mettere ordine in un impianto normativo stratificato, nato nel 2020, modificato più volte e spesso percepito come poco lineare dalle imprese. L’introduzione di un modello unico di comunicazione, più flessibile e digitalizzato, potrebbe contribuire a ridurre la distanza tra misure formali e operatività concreta.
L’apertura della piattaforma è quindi non solo un atto tecnico, ma un segnale politico-economico chiaro: il Paese punta ancora con forza sulla leva fiscale per stimolare la competitività industriale. I 2,2 miliardi disponibili rappresentano una cifra significativa, ma non illimitata. La rapidità di esecuzione da parte delle imprese, la capacità di gestire le procedure e la qualità degli investimenti proposti saranno determinanti per non sprecare questa occasione.
Resta infine da capire quale sarà l’effetto aggregato sul medio periodo: il credito d’imposta riuscirà davvero a spingere la transizione digitale e sostenibile delle imprese italiane o resterà uno strumento efficace solo per una parte del tessuto produttivo? La risposta, come spesso accade, non sta solo nei testi normativi ma nell’attuazione concreta e nella capacità delle imprese di trasformare un’agevolazione fiscale in un vantaggio competitivo reale.