Con la Risposta a interpello 28 aprile 2025, n. 119, l’Agenzia delle Entrate risponde a un quesito sul tema dell’ammissibilità al credito d’imposta Art-Bonus per le erogazioni liberali finalizzate alla ristrutturazione di un locale destinato a teatro, di proprietà di una società cooperativa, sul quale è stato costituito un diritto di superficie a favore di un ente territoriale.
La fattispecie
Nel caso di specie, il Comune istante, in virtù di un contratto di locazione stipulato nel 2011 e rinnovato nel 2015, ha detenuto in locazione un immobile destinato a teatro e luogo di pubblico spettacolo.
Per consentire lavori di ristrutturazione, nel giugno 2020, il consiglio comunale ha deliberato la costituzione di un diritto di superficie a favore del Comune stesso, con una durata di 25 anni, rinnovabile, e una clausola che prevede la risoluzione del diritto qualora entro tre anni dalla stipula non siano completati i lavori di ristrutturazione concordati. La costituzione del diritto di superficie è stata formalizzata nel marzo 2021.
L'istante chiede quindi se gli interventi di ristrutturazione in questione rientrino tra quelli di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici di cui all'art. 1, comma 1, del D.L. n. 83/2014 (legge n. 106/2014), e se le erogazioni liberali in denaro ricevute per sovvenzionare tali interventi danno diritto al credito d'imposta (c.d. ''Artbonus'' ) di cui al detto D.L. n. 83/2014.
Soluzione delle Entrate
Nella risposta all’interpello in esame, l’Agenzia Entrate premette, sul piano normativo, che l’Art-Bonus (introdotto dall’art. 1 del D.L. n. 83/2014), prevede un credito d’imposta nella misura del 65% delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche, enti non commerciali e soggetti titolari di reddito d’impresa per:
- interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici;
- sostegno di istituti e luoghi della cultura di appartenenza pubblica (musei, biblioteche, archivi, teatri, ecc.);
- realizzazione, restauro e potenziamento di strutture di enti pubblici o istituzioni senza scopo di lucro che svolgono attività nello spettacolo.
Il credito d’imposta de quo è riconosciuto:
- alle persone fisiche e agli enti non commerciali nel limite del 15% del reddito imponibile;
- ai soggetti titolari di reddito d’impresa nel limite del 5 per mille dei ricavi annui;
- e va ripartito in tre quote annuali di pari importo.
Ciò posto, per accedere all’Art-Bonus è necessario che:
- l’immobile sia qualificato come bene culturale pubblico;
- la ristrutturazione sia funzionale alla tutela, manutenzione o valorizzazione di tale bene;
- sia presente un provvedimento che attesti l’interesse culturale del bene, rilasciato dal competente Ufficio del Ministero della Cultura.
La normativa, infatti, presume la “culturalità” dei beni di proprietà pubblica o di enti non lucrativi con più di 70 anni o opera di autore non più vivente, ma tale presunzione è provvisoria e deve essere confermata tramite specifica verifica ai sensi dell’art. 12 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004). Solo con tale verifica l’immobile può essere considerato definitivamente bene culturale e, quindi, ammissibile al beneficio fiscale.
La costituzione di un diritto di superficie può, in astratto, attribuire al Comune una proprietà piena ed esclusiva sull’immobile, rendendolo di “appartenenza pubblica”. Tuttavia, la presenza di una clausola risolutiva (che annulla il diritto se i lavori non vengono ultimati entro tre anni) e la mancanza di elementi certi sull’effettivo valore culturale del bene impongono cautela nell’ammettere automaticamente il beneficio.
L’Agenzia delle Entrate conclude pertanto che, ai fini dell’ammissibilità al credito d’imposta Art-Bonus, il Comune deve presentare, in sede di domanda, il provvedimento che attesti l’interesse culturale dell’immobile, rilasciato dal Ministero della Cultura, ossia attraverso la verifica di cui all'art. 12 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
In assenza di tale attestazione, non è possibile riconoscere il beneficio fiscale, poiché la qualità di bene culturale non è definitivamente acquisita e la concessione del vantaggio economico sarebbe priva di fondamento giuridico.