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Con la legge di bilancio 2025 cambia l'Imposta sui Servizi Digitali

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Con la legge di bilancio 2025 cambia l'Imposta sui Servizi Digitali

venerdì, 03 gennaio 2025

La Legge di Bilancio 2025 (Legge n. 207 del 30 dicembre 2024, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 305 del 31 dicembre 2024, Supplemento Ordinario n. 43) interviene, ai commi 21 e 22, sulla Digital Service Tax, meglio nota come Web Tax, ridefinendo l’ambito soggettivo di applicazione e introducendo l’obbligo del versamento di un acconto entro il 30 novembre del 30% dell’importo dovuto in relazione ai ricavi dell’anno solare precedente, cambiando il sistema di pagamento attualmente previsto che si sostanzia nel versamento in un’unica soluzione entro il 16 maggio.

Novità Digital Service Tax nella Legge di Bilancio 2025

Più in dettaglio, il comma 21, lettera a), provvede a sostituire il comma 36 dell’articolo 1 della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) con il nuovo comma 36, il quale rivede l’ambito soggettivo di applicazione della disciplina dell’imposta sui servizi digitali (Digital Service Tax), mantenendo unicamente il requisito dei ricavi di almeno 750 milioni di euro a livello globale e cancellando invece quello di 5,5 milioni di euro di ricavi conseguiti sul territorio nazionale.

La disposizione in esame, come rimodulata nella nuova formulazione, ricomprende pertanto nella categoria dei soggetti passivi dell’imposta sui servizi digitali gli esercenti attività d’impresa che: 

  • realizzano, nel territorio dello Stato, ricavi derivanti dai seguenti servizi digitali (contemplati dall’articolo 1, comma 37, della legge di bilancio 2019): - veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia (pubblicità online); - messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi (servizi di intermediazione tra utenti); - trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale;
  • realizzano, singolarmente o a livello di gruppo, nell’anno solare precedente a quello in cui sorge il presupposto d’imposta, un ammontare complessivo di ricavi ovunque realizzati non inferiore a 750 milioni di euro. 

Pertanto, con la modifica in esame, il presupposto impositivo è costituito dalla percezione di ricavi derivanti dai servizi digitali di cui al menzionato comma 37, escludendo la condizione cumulativa del superamento della soglia di 5,5 milioni di euro realizzati in Italia, nonché del conseguimento, singolarmente o a livello di gruppo, nell’anno solare precedente a quello in cui nasce il presupposto d’imposta, di un ammontare complessivo di ricavi di qualunque natura, ovunque realizzati, non inferiore a 750 milioni di euro e mantenendo unicamente quest’ultimo presupposto. 

Versamento acconto Digital Service Tax entro Novembre

Il comma 21, lettera b) della Legge di Bilancio 2025, riscrive poi completamente il comma 42 della medesima legge inserendo, in luogo dell’attuale versamento dell’imposta in una unica soluzione, un acconto, da versare entro il 30 novembre dell’anno solare in cui sorge il presupposto d’imposta, pari al 30 per cento dell’imposta dovuta per l’anno solare precedente. Il versamento a saldo dell’imposta dovuta verrà effettuato, conseguentemente, entro il 16 maggio dell'anno solare successivo a quello di pagamento dell’acconto.

Digital Service Tax. Cosa è

La prima tassazione sui servizi digitali inizialmente definita Web Tax, è stata introdotta per la prima volta dalla legge n. 205 del 2017 (legge di bilancio 2018) e si sostanziava nell’imposta sulle transazioni digitali. 

Tale imposta è stata successivamente abrogata dall’articolo 1, commi 35-50, della legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019) per poi essere sostituita dalla nuova Digital Service Tax “imposta sui servizi digitali”, la quale è stata ritoccata dall’articolo 1, comma 678, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020), con cui è stato introdotto il nuovo comma 49-bis nell’articolo 1 della legge di bilancio 2019, che ne ha ordinato a partire dall’entrata in vigore delle disposizioni derivanti da accordi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale. 

Nelle more dell’entrata in vigore di tali accordi, a partire dal 1° gennaio 2020, la tassa sui servizi digitali è stata ulteriormente modificata per applicarsi oggi nella misura del 3 per cento sui ricavi derivanti dalla fornitura dei seguenti servizi: 

  • veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia;
  • messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consente agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi;
  • trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale. 

Ad essere soggetti a tassazione sono quindi gli annunci pubblicitari su siti e social network, l’accesso alle piattaforme digitali, i corrispettivi percepiti dai gestori di tali piattaforme, e altresì la trasmissione di dati raccolti dagli utenti. 

Perché un ricavo sia imponibile, è necessario che l’utente del servizio digitale sia localizzato nel territorio nello Stato. 

Per i servizi di pubblicità online, l’utente si considera localizzato nel territorio dello Stato se la pubblicità appare sul proprio dispositivo nel momento in cui è utilizzato nel territorio dello Stato. 

La localizzazione nel territorio italiano del dispositivo è individuata con riferimento all’indirizzo IP dello stesso. 

Servizi esclusi dalla Digital Service Tax

Ai sensi dell’articolo 1, comma 37-bis, della legge di bilancio 2019 sono esclusi dall’applicazione della norma, i seguenti servizi digitali: 

  • la fornitura diretta di beni e servizi, nell’ambito di un servizio di intermediazione digitale;
  • la fornitura di beni o servizi ordinati attraverso il sito web del fornitore di quei beni e servizi, quando il fornitore non svolge funzioni di intermediario;
  • la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo esclusivo o principale, in termini di ricavi realizzati, è quello della fornitura agli utenti dell’interfaccia, da parte del soggetto che gestisce l’interfaccia stessa, di contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento;
  • la messa a disposizione di un’interfaccia digitale utilizzata per gestire i sistemi dei regolamenti interbancari; le piattaforme di negoziazione o i sistemi di negoziazione degli internalizzatori sistematici; le attività di consultazione di investimenti partecipativi e, qualora facilitino la concessione di prestiti, i servizi di intermediazione nel finanziamento partecipativo; le sedi di negoziazione all’ingrosso; le controparti centrali; i depositari centrali; gli altri sistemi di collegamento la cui attività è soggetta ad autorizzazione e l’esecuzione delle prestazioni dei servizi soggetta alla sorveglianza di un’autorità di regolamentazione al fine di assicurare la sicurezza, la qualità e la trasparenza delle transazioni riguardanti strumenti finanziari, prodotti di risparmio o altre attività finanziarie; la cessione di dati da parte dei soggetti che forniscono la messa a disposizione di un’interfaccia digitale; nonché, lo svolgimento delle attività di organizzazione e gestione di piattaforme telematiche per lo scambio dell'energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché la trasmissione dei relativi dati ivi raccolti e ogni altra attività connessa. 

 

Si ricorda infine che con decorrenza 1° gennaio 2026 entreranno in vigore le nuove disposizioni in materia di imposta sui servizi digitali di cui agli articoli da 62 a 82 del decreto legislativo n. 174 del 2024 (Testo unico dei tributi erariali minori) che andranno a sostituire le regole attualmente operanti di cui ai commi da 35 a 50 della legge n. 145 del 2018.

 

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