La bozza della legge di bilancio 2025 aveva introdotto, con l’articolo 112, l’obbligo di controlli nelle società che ricevono aiuti dallo Stato, attraverso l’inserimento di revisori del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Più in dettaglio, la disposizione prevedeva che ogni azienda, ma anche cooperative, fondazioni e associazioni (fatta eccezione solo per le società controllate o partecipate da regioni ed enti locali), che avesse ricevuto almeno 100mila euro di contributi pubblici, avrebbe dovuto inserire nel proprio collegio sindacale un membro nominato dal Ministero dell’economia e delle finanze. Questo significava intervenire, modificando ogni statuto e regolamento di ogni organizzazione interessata.
I revisori designati dal MEF avrebbero dovuto controllare e gestire le risorse pubbliche ricevute dalle organizzazioni, trasmettendo al Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato report periodici, secondo le direttive MEF e le disposizioni europee in materia di finanza pubblica.
In tal modo, la finanza pubblica avrebbe rafforzato i controlli e il monitoraggio delle operazioni finanziate dallo Stato.
L’iniziativa ha, però, suscitato sdegno da più parti e rilevanti disapprovazioni negli ambienti governativi, imprenditoriali e nel settore dei professionisti che l’hanno vista come una intromissione sproporzionata da parte del pubblico nel settore privato.
E allora dietro front! La disposizione resta, ma viene rielaborata e, al momento, con l’ultima approvazione in Commissione Bilancio, vengono abrogati i commi che introducevano i revisori Mef e si prevedono unicamente controlli più stretti sui bilanci delle società che ricevono "contributi significativi", la cui entità verrà individuata con un dpcm entro 90 giorni dall'approvazione della legge di bilancio.
Saranno gli organi di controllo già costituiti ad effettuare i controlli dunque, con l’obbligo di trasmettere al Ministero delle finanze un report periodico sulle operazioni di verifica compiute.