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Crisi d’impresa. La Fondazione dei commercialisti analizza il reato di falso nelle attestazioni e nelle relazioni

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Crisi d’impresa. La Fondazione dei commercialisti analizza il reato di falso nelle attestazioni e nelle relazioni

mercoledì, 26 giugno 2024

La Fondazione nazionale dei dottori commercialisti ha pubblicato un’analisi sui reati di falso in attestazioni e nelle relazioni formulate dal professionista indipendente nell’ambito della procedura della crisi d’impresa e dell’insolvenza prevista nel nuovo Codice della crisi d’impresa di cui al d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 che pone al centro il nuovo ruolo svolto dal professionista per il risanamento delle imprese in crisi.


Nel contesto delle procedure di risanamento, infatti, il professionista indipendente è chiamato a rilasciare le attestazioni secondo le indicazioni della novella.


Il documento di studio si affianca alla recente pubblicazione di un altro documento rilasciato dal Consiglio dell’Ordine dei dottori commercialisti intitolato “Principi di attestazione dei piani di risanamento”.
Con tali analisi, l’Ordine dei commercialisti si pone l’obiettivo di individuare utili modelli operativi e standard di relazione o di attestazione per i professionisti indipendenti – attestatori della veridicità e fattibilità dei piani di risanamento, nonché autori degli altri peculiari giudizi previsti nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – soffermandosi, nel contempo, sull’individuazione delle responsabilità civili e penali dell’attestatore, dedicando a queste tematiche i Principi della sezione 11.

Le novità segnalate nei Principi, unitamente alle modifiche apportate dall’art. 342 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in ordine al reato di “Falso in attestazioni e relazioni”, hanno suggerito l’idea di dedicare, con questo documento, particolare attenzione all’esame della fattispecie disciplinata nel capo III del titolo IX del medesimo Codice.


L’analisi si sofferma sull’individuazione delle differenze tra l’attuale articolo 342 del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza – rubricato “Falso in attestazioni e relazioni” e il suo omologo presente nella vecchia legge fallimentare, ossia l’articolo 236 bis.

Come scrivono i commercialisti, dal raffronto tra i due testi normativi emerge che in alcune delle ipotesi considerate nell’art. 342 CCII sono state introdotte nuove incriminazioni rispetto a quanto previsto nell’art. 236-bis l.f., giustificate dalla necessità di coordinare il sistema esistente alle modifiche introdotte nelle discipline degli strumenti di regolazione della crisi, che, peraltro, erano state già incise, anche sensibilmente, a seguito di reiterati interventi di modifica effettuati sul testo della legge fallimentare successivamente all’introduzione del reato di cui al 236-bis.

Considerata la tassatività delle ipotesi elencate nell’art. 342 CCII e l’impossibilità di applicare in via analogica o estensiva le leggi penali, dall’ambito del rimprovero penale resta esclusa l’informazione falsa o l’omissione di riferire in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 64-bis, comma 3, CCII dal professionista indipendente a ciò incaricato, così come potrebbero sfuggire dall’ambito applicativo dell’art. 342 CCII alcune attestazioni contemplate, al di fuori degli strumenti di regolazione della crisi, dal recente intervento di correzione.

Dallo studio effettuato emerge che il reato di falso in attestazioni nelle relazioni del professionista indipendente previste dal Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (SGS 14/2019, Ccii), così come anche l’omissione di informazioni da parte dell’attestatore, va riferito alla sola veridicità dei dati aziendali valutati ai fini della ristrutturazione dell’impresa in crisi, essendo esclusa ex lege, dalla fattispecie di reato, la fattibilità del piano.

Con particolare riferimento alla definizione di “dati”, lo studio richiama la Cassazione, la quale ha evidenziato che il termine non assuma significato univoco, “ … soprattutto ove si osservi che anche i dati aziendali, in senso stretto intesi, sono essi stessi il risultato di attività intellettuali che, spesso, consistono nella indicazione di grandezze economiche chiamate a esprimere il valore di negozi giuridici, rapporti contrattuali, beni immateriali, situazioni giuridiche: grandezze nelle quali la componente valutativa è sicuramente presente”; i “dati”, così come le “informazioni”, necessitano di adeguato coordinamento con i contenuti delle attestazioni e delle relazioni previste nelle discipline degli strumenti di regolazione della crisi richiamati nell’art. 342 CCII.
È dunque il caso di riprendere sul punto quanto indicato nei “Principi di attestazione dei piani di risanamento”, per i quali oltre ai dati la condotta dell’agente può avere ad oggetto anche le notizie, le perizie le analisi che l’attestatore utilizza nelle sue valutazioni.

Lo studio si sofferma poi sull’articolo 344, commi 3 e 4, rubricato “Sanzioni per il debitore e per i componenti dell’organismo di composizione della crisi”, il quale regola più fattispecie criminose individuate mediante un criterio che si riferisce allo status del soggetto agente, in quanto attinenti a condotte ascrivibili sia al debitore, anche incapiente , sia al componete dell’organismo di composizione della crisi (di seguito OCC) per fatti – e in alcuni casi per omissioni – compiuti nelle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento (commi 3 e 4), qui gli autori precisano che con il termine “componenti”, il legislatore si sia riferito  ai gestori della crisi da sovraindebitamento iscritti nell’elenco di cui al d.m. 24 settembre 2014, n. 202 e, più precisamente, ai professionisti persone fisiche che, individualmente o collegialmente, svolgono la prestazione inerente alla gestione dei procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio del debitore.

Per quanto concerne in particolare il comma 3, l’analisi giunge ad evidenziare che in tale disposizione viene disciplinata (unicamente) la falsa attestazione in ordine alla veridicità dei dati:

  •  contenuti nella proposta di cui agli artt. 67 e 75 CCII e oggetto della relazione – anche particolareggiata – che il componente dell’organismo di composizione della redige ai sensi degli artt. 68, commi 2 e 3, e ,76, commi 2 e 3;
  • contenuti nella vera e propria attestazione autonoma resa dall’OCC nel caso in cui la domanda di liquidazione controllata sia stata proposta da un creditore del debitore sovraindebtiato persona fisica di cui all’art. 268, comma 3, CCII, nella quale l’OCC certifica che non è possibile acquisire attivo da distribuire ai creditori neppure mediante l’esercizio di azioni giudiziarie42;
  • contenuti nella relazione allegata alla domanda di accesso alla liquidazione controllata ex art. 269
    comma 2, CCII;
  • contenuti nella relazione particolareggiata44 di cui all’art. 283, comma 4, qualora il debitore incapiente proponga domanda di esdebitazione.

Si tratta di un reato proprio, dalla quale fattispecie sfuggono le false attestazioni e/o relazioni rese dal professionista o da una società tra professionisti nominati, in sostituzione dell’OCC non istituito nel circondario del tribunale competente, dal presidente del tribunale o da un giudice dallo stesso delegato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 68, comma 1, e dell’art. 76, comma 1, CCII.

Commento a parte viene formulato per l’articolo 344 comma 4, che regola un’ipotesi differente rispetto a tutte quelle sinora esaminate, ma inserita in tale norma per rispettare il criterio ispiratore fondato sullo “status” del cosiddetto “agente”, cioè di chi compie la condotta.


La norma stabilisce, infatti, che “Le pene di cui al comma 2, si applicano al componente dell’organismo di composizione della crisi che cagiona danno ai creditori omettendo o rifiutando senza giustificato motivo un atto del suo ufficio”.

Una condotta, quella prevista da tale comma, che introduce un elemento estraneo, invece, alla fattispecie del codice penale: il “danno ai creditori”, qualificando la fattispecie come reato evento, penalmente sanzionabile, solo qualora dalla condotta derivi un danno per i creditori.

Al di fuori dell’ambito applicativo delle disposizioni esaminate dallo studio dei commercialisti si pone, scrivono, l’accertamento delle responsabilità dell’esperto indipendente della composizione negoziata, rispetto al quale differenti e approfondite riflessioni andranno effettuate anche in considerazione della precisazione, effettuata dalla normativa, che il soggetto in questione non è equiparabile al professionista indipendente di cui all’art. 2, comma 1, lett. o) CCII, né è nominato e incaricato dal debitore che ha presentato istanza di composizione negoziata.

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