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Il Digital Service Act è in Gazzetta. Norme più severe per social media e piattaforme online

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Il Digital Service Act è in Gazzetta. Norme più severe per social media e piattaforme online

martedì, 01 novembre 2022

Dopo l’approvazione definitiva avvenuta nel mese di luglio, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Digital Service Act, il nuovo Regolamento europeo che interviene per dettare nuove regole sul mondo digitale. Le aziende destinatarie della norma avranno 15 mesi per adeguarsi.


Digital Service Act. Di cosa si tratta


Il Digital Service Act è il nuovo Regolamento europeo che aggiorna e ridefinisce le regole del mondo digitale, andando a sostituire la direttiva n. 31/2000, quella su cui sostanzialmente si basa il nostro decreto legislativo n. 70/2003 riferito al commercio elettronico e più in generale ai servizi della società dell’informazione.

Essendo trascorsi oramai 20 anni dall’entrata in vigore della direttiva n. 31, il legislatore europeo ha sentito l’esigenza di intervenire alla luce delle novità, anche a livello tecnologico, che si sono registrate negli ultimi decenni nel mondo digitale e che hanno portato alla necessità di ridefinire le regole giuridiche del settore per garantire una maggiore certezza giuridica e il rispetto dei diritti e delle libertà dei consumatori a livello europeo.
Con il Digital Service Act, infatti, vengono introdotte nuove norme sulla trasparenza, a pubblicità online, la tutela della concorrenza e dei diritti e delle libertà fondamentali e previsti nuovi obblighi a carico dei grandi marketplace e dei social network. Lato e_commerce è previsto, ad esempio, l’obbligo di rimuovere i prodotti contraffatti o nocivi ed individuare i venditori.

 

Digital Service Act a chi si applica

 

La nuova legge europa sui servizi digitali si rivolge dunque ai fornitori dei servizi della società dell'informazione, ossia a tutti gli intermediari che forniscono servizi a distanza, in forma elettronica/telematica, su richiesta di un destinatario, solitamente a dietro pagamento.


Il nuovo regolamento mantiene la classica distinzione dei soggetti che offrono servizi nella società dell’informazione; anche qui, dunque, sono definiti coloro che offrono servizi di semplice trasporto dati (“mere conduit”), servizi di memorizzazione temporanea (“caching”) e, infine, fornitori di servizi di “hosting” tramite i quali viene affittato uno spazio per permettere ai clienti di allocare tutti i dati di un sito; a differenza della direttiva n. 31, nel nuovo Regolamento però gli obblighi e il livello di responsabilità aumentano in base al flusso di informazioni che transitano sui sistemi gestiti.


Così, ad esempio, i mere conduit providers che non hanno dato origine al flusso di dati e non hanno scelto il destinatario, né intervengono sulle informazioni trasportate, non sono passibili di sanzioni, rispetto al contenuto trasmesso.

 
I caching providers, invece, non sono responsabili se: (a) non intervengono sulle informazioni trasmesse, (b) si sono adeguati alle regole di accesso e di aggiornamento di quest’ultime, (c) non hanno influenzato la tecnologia lecitamente utilizzata per raccogliere dati sull’uso delle informazioni e (d) hanno agito celermente per rimuovere o disabilitare l’accesso alle informazioni che erano già state rimosse dalla rete o il cui accesso era già stato disabilitato.


Infine, i prestatori di servizi di hosting sono tenuti ad implementare procedure che consentano agli utenti di segnalare in modo semplice eventuali contenuti illegali, al fine di procedere alla cancellazione di questi; gli stessi utenti potranno segnalare materiale illecito o inappropriato o presentare reclami per difendersi dalle decisioni di rimozione dei contenuti.
Gli hosting providers non sono ritenuti responsabili rispetto alle informazioni che transitano sulle loro piattaforme purchè:
(i) adempiano agli obblighi imposti dal regolamento stesso in materia di pubblicità e trasparenza nonché (ii) adempiano agli obblighi inerenti alla tracciabilità degli operatori commerciali, nel caso in cui la piattaforma fornisca aree per la sponsorizzazione o la conclusione di contratti di e-commerce con i consumatori.

Le piattaforme invece sono suddivise in quattro categorie e in capo ad esse sono previsti specifici obblighi, come quello di indicare in modo chiaro le condizioni di servizio; essere trasparenti nel caso di utilizzo di pubblicità mirata; denunciare gli illeciti; non utilizzare sistemi ingannevoli o subdoli, quali dark patterns; prevedee risoluzioni stragiudiziali delle controversie.

Il Regolamento individua alresì un nuovo obbligo in capo a tutte le piattaforme che contano 45 milioni di utenti attivi, stabilendo che le stesse debbano procedere con un risk assessment per verificare:

  • che non siano diffusi contenuti illegali tramite i loro servizi;
  • gli impatti negativi sui diritti fondamentali degli utenti;
  • pubblicità ingannevole, disinformazione, fake news,

e procedere, in seguito alla verifica, a mitigare con adeguate misure i rischi rilevati, effettuando periodicamente attività di internal auditing.

I nuovi ruoli

Il Digital Service Act prevede, inoltre, due nuove figure.

Il Coordinatore dei servizi digitali del luogo di stabilimento. Ciascuno Stato membro dovrà nominare tale soggetto che, agirà come autorità indipendente con il compito di assicurare la corretta applicazione a livello nazionale delle nuove regole.

Il Compliance Officer. Si tratta di una figura interna all'azienda che dovrà controllare il rispetto delle regole attraverso attività di monitoraggio.


E’ previsto un sistema sanzionatorio rilevante a carico di chi viola le norme. Le multe arrivano al 6% del fatturato mondiale annuo.





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