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Deducibilità dell'avviamento in caso di cessazione di ramo d'azienda

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Deducibilità dell'avviamento in caso di cessazione di ramo d'azienda

venerdì, 25 giugno 2021

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 429 del 23 giugno 2021, ha fornito chiarimenti in tema di deducibilità dell'avviamento in caso di cessazione del ramo d'azienda.

L’interpello 

In particolare, nel caso di specie, la società istante aveva acquistato, nel 2015, un ramo di un’azienda avente ad oggetto l’attività di prenotazioni alberghiere on line, che avveniva mediante l’utilizzo di una piattaforma informatica.

Nel prezzo pagato per l’acquisto era compreso anche un valore di avviamento, che, negli anni successivi, era stato ammortizzato civilisticamente e dedotto fiscalmente in base alle disposizioni di cui all’art. 103, comma 3, del TUIR, il quale prevede che “le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso”.

Nel 2020 l’attività, i cui margini erano già molto ridotti a causa della forte concorrenza dei portali internazionali, è stata completamente compromessa dal lockdown e dalle successive misure restrittive conseguenti alla pandemia COVID-19.

A fronte della mancanza di prospettive di ripresa a breve e medio termine, con il conseguente annullamento del valore di funzionamento del ramo d’azienda, la società ha deciso di cessare (nel 2020) l’operatività del portale e di azzerare il valore residuo dell’avviamento, con la rilevazione di una sopravvenienza passiva.

Nel corso del 2021 la società sta avviando una nuova attività di consulenza informatica del tutto diversa dall'attività di prenotazioni alberghiere. 

Su tali premesse, la società chiede chiarimenti circa il trattamento fiscale di tale sopravvenienza passiva.

Soluzione delle Entrate

L'Agenzia delle Entrate rileva innanzitutto nella risposta che il paragrafo 10 dell'OIC 24 definisce l'avviamento come l'attitudine di un'azienda a produrre utili che derivino o da fattori specifici che, pur concorrendo positivamente alla produzione del reddito ed essendosi formati nel tempo in modo oneroso, non hanno un valore autonomo, ovvero da incrementi di valore che il complesso dei beni aziendali acquisisce rispetto alla somma dei valori dei singoli beni, in virtù dell'organizzazione delle risorse in un sistema efficiente e che l’art. 2424 cod. civ.  prevede che il predetto avviamento deve essere iscritto tra immobilizzazioni immateriali, nell'attivo dello stato patrimoniale, alla voce BI 5). 

L'avviamento è iscritto tra le immobilizzazioni immateriali se sono soddisfatte le seguenti condizioni:

  • è acquisito a titolo oneroso; 
  • ha un valore quantificabile in quanto incluso nel corrispettivo pagato; 
  • è costituito all'origine da oneri e costi ad utilità differita nel tempo, che garantiscono  benefici economici futuri;
  • è soddisfatto il principio della recuperabilità del relativo costo. 

Ciò posto, considerato che l'ipotesi di cessazione di un'azienda o di un ramo di azienda individua un’operazione di tipo realizzativo che decreta la fine delle attività da essa svolte, detta dismissione, spiega l’Agenzia Entrate, nel caso in cui i predetti beni risultano avere un residuo valore fiscale perché non ancora interamente ammortizzati, implica la rilevazione di una sopravvenienza passiva per la parte del costo storico non ammortizzato, rilevante sul piano fiscale ai sensi dell' art. 101, comma 4, del TUIR che considera sopravvenienze passive, tra l'altro, la sopravvenuta insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi diverse da quelle di cui all'art. 87.

Nel caso di cessazione di una azienda, quindi, non è possibile dedurre, ai sensi dell'art. 103 del TUIR, cioè "per diciottesimi", il valore fiscale dell'avviamento.

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