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Remunerazioni di un docente per l'attività di insegnamento svolta nello stato, diverso da quello di residenza in cui soggiorna per insegnarvi: regime fiscale

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Redditi lavoro dipendente
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Remunerazioni di un docente per l'attività di insegnamento svolta nello stato, diverso da quello di residenza in cui soggiorna per insegnarvi: regime fiscale

venerdì, 16 ottobre 2020

Con la Risposta a interpello 14 ottobre 2020, n. 472, l’Agenzia delle Entrate afferma che la non imponibilità delle remunerazioni percepite per l’attività di insegnamento svolta in Italia è limitata a un solo periodo non superiore a due anni consecutivi dall’inizio del soggiorno.

La fattispecie

Il caso in esame riguarda un professore, residente nei Paesi Bassi, che per gli anni accademici 2016-2017 e 2017-2018 ha stipulato due contratti per insegnare in Italia, attività inquadrata come collaborazione coordinata e continuativa. Gli emolumenti non sono stati tassati in Italia, ai sensi dell’art. 20 del Trattato tra Italia e Paesi Bassi contro le doppie imposizioni.

Essendo stato stipulato un nuovo contratto per l’anno accademico 2019-2020, viene chiesto se, per i relativi redditi, è possibile beneficiare nuovamente della non imponibilità. Ciò in quanto il detto art. 20 prevede l’esenzione per un periodo non superiore a due anni: il dubbio è se il vincolo temporale vada considerato una tantum o se possa essere riferito a ogni singolo contratto che comporta soggiorno nello Stato in cui è svolta l’attività di insegnamento o di ricerca.

La normativa fiscale in materia prevede che le somme e i valori percepiti in relazione ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 50, comma 1, lett. c-bis), TUIR), assoggettati a tassazione con le stesse modalità di quei redditi (art. 52, comma 1, TUIR) e, se corrisposti da un sostituto d’imposta, soggetti a ritenute alla fonte (in particolare, in caso di percettori non residenti, si applica una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 30%, ex art. 24, comma 1-ter, D.P.R.  n. 600/1973).

Tuttavia, in base all’art. 20 del Trattato, le remunerazioni provenienti da uno Stato contraente e corrisposte a professori, insegnanti e ricercatori che soggiornino in tale Stato a soli fini di insegnamento o ricerca, sono riconosciute di esclusiva pertinenza impositiva dello Stato di residenza; il Paese della fonte, quindi, rinuncia al suo potere di tassazione, seppure per soli due anni.

Il dubbio riguarda proprio l’applicazione del limite temporale, nel caso in cui il professore permanga in Italia per un tempo complessivamente superiore.

Secondo l’Agenzia Entrate, la non imponibilità riguarda un solo periodo non superiore a due anni consecutivi dall’inizio del soggiorno. Infatti, se si fosse voluto riconoscere il trattamento agevolato per più periodi di due anni ciascuno, la locuzione usata dalla norma convenzionale non sarebbe stata “per un periodo non superiore a due anni”, ma “per periodi non superiori a due anni”.

Inoltre, replicando l’esenzione, la Convenzione rimarrebbe esposta a valutazioni di convenienza fiscale da parte di chi ne fruisce, che finirebbe per soggiornare nello Stato della fonte in maniera stabile, con brevi interruzioni fatte allo scopo di creare le condizioni per beneficiare del trattato. Diversamente opinando, verrebbero penalizzati coloro che rimangono nel territorio dello Stato per più di due anni consecutivi, senza poter fruire del regime di esenzione.

In conclusione, riguardo all’applicazione del limite temporale al caso di specie, ossia al professore che ha soggiornato in Italia negli anni accademici 2016/2017 e 2017/2018, e non vi ha soggiornato per l’anno accademico 2018/2019 ed è tornato nel 2019/2020, non è possibile esentare da imposta i redditi corrisposti all’insegnante residente nei Paesi Bassi a partire dall’anno accademico 2019/2020. 

 

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