Con Risposta ad interpello 2 settembre 2020, n. 299, l’Agenzia delle Entrate afferma che il compenso percepito dal contribuente quando ormai, avendo chiuso la partiva IVA, non svolgeva più la sua attività professionale in maniera abituale, deve essere dichiarato come reddito diverso ai sensi del TUIR.
Il caso
Il caso esaminato riguarda un professionista che nel 2017 ha chiuso la partita IVA in regime di vantaggio e ha trasferito la residenza all’estero. Nel 2019 gli sono stati liquidati alcuni crediti relativi ad un patrocinio esercitato a spese dello Stato per i quali era stata emessa regolare fattura elettronica.
Considerata la cessazione dell’attività, si pone il problema di qualificare le somme al fine di indicarle correttamente nella dichiarazione dei redditi e assoggettarle a tassazione.
Risposta
Si osserva in via preliminare che aderendo ai regimi agevolati (regime dei contribuenti minimi o forfetario, di cui rispettivamente all’art. 27, commi 1 e 2, del D.L. n. 98/2011, che ha modificato il regime dei contribuenti minimi di cui all'art. 1, commi da 96 a 117, della legge n. 244/2007, e all’art. 1, commi da 54 a 89, della legge n. 190/2014), a prescindere dal tipo di attività (professionale o d’impresa) esercitata, il relativo reddito è determinato secondo il criterio di cassa.
L’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto per tali contribuenti la possibilità di determinare il reddito relativo all’ultimo anno di attività tenendo conto anche delle operazioni che non hanno avuto in quell’anno manifestazione finanziaria (v. Circolari n. 17/E/2012 e n. 10/E/2016).
In altri termini, i contribuenti che accedono ai predetti regimi agevolati possono far concorrere alla determinazione del reddito anche ricavi ancora da incassare al momento della chiusura della partita IVA, imputando all’ultimo anno di attività anche le operazioni che non hanno avuto ancora manifestazione finanziaria.
Trattasi di una facoltà rimessa alla scelta del contribuente, che può legittimamente decidere di non avvalersene. In tal caso, però, i compensi o corrispettivi riscossi successivamente alla cessazione della partita IVA, pur regolarmente fatturati nei termini di validità della partita IVA, non possono essere ricondotti alla tipologia dei redditi d’impresa o di lavoro autonomo professionale e beneficiare della tassazione di favore.
Secondo le Entrate, la circostanza che il contribuente, al momento dell’incasso del compenso, non abbia partita IVA, fa si che non sia possibile riscontrare il requisito soggettivo dell’abitualità che è alla base delle attività di impresa o di lavoro autonomo professionale.
Di conseguenza, i crediti percepiti dopo la cessazione dell’attività di impresa o di lavoro autonomo esercitata in regime agevolato (contribuenti minimi o forfetario) e la chiusura della partita IVA, devono essere dichiarati come redditi diversi (ex art. 67, comma 1, lett. l), TUIR) e indicati nella dichiarazione dei redditi nel quadro RL, rispettivamente, tra i “redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente” ovvero tra i “redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente”, assoggettandoli alla tassazione prevista per tali redditi.