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Ravvedimento della fattura errata e diritto di rivalsa e detrazione IVA

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Ravvedimento della fattura errata e diritto di rivalsa e detrazione IVA

lunedì, 24 agosto 2020

Con la risposta a interpello n. 267 del 21 agosto 2020, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che in presenza di ravvedimento operoso sulle fatture emesse erroneamente senza esposizione dell’IVA il cedente può esercitare il proprio diritto di rivalsa sul cessionario e quest’ultimo può detrarre l’imposta, ma solo applicando le ordinarie regole e tempistica dell’art. 19 del D.P.R. n.  633/1972, sulla detrazione. 

La fattispecie

Il caso prospettato nell’interpello ha ad oggetto alcune cessioni di beni, territorialmente rilevanti in Italia ed ivi soggette ad imposta, effettuate nel corso del 2019 dal cedente nei confronti di una società estera, priva di stabile organizzazione e di posizione IVA in Italia.

Il cedente, beneficiando del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, ha  sanato la propria posizione nei confronti del Fisco italiano, versando l’imposta non addebitata al momento dell’effettuazione delle operazioni, le sanzioni ridotte e i relativi interessi.

A seguito della predetta regolarizzazione la società istante chiede di conoscere se l'IVA corrisposta in tale contesto possa essere addebitata in via di rivalsa nei confronti della cessionaria ai sensi dell'art. 60, comma 7, D.P.R. n. 633/1972, secondo cui il contribuente ha diritto di rivalersi dell'imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione nei termini di legge.

In particolare, si chiede se: 

a) il diritto di rivalsa dell'IVA nei confronti del cessionario, ex art. 60, comma 7, D.P.R n. 633/1972, sussista anche nell'ipotesi in cui l'attività di rettifica sia promossa dal contribuente per il tramite dell'istituto del ravvedimento operoso; 

b) il diritto di rivalsa nei confronti del cessionario sorga, nell'ambito del ravvedimento operoso, con il pagamento dell'imposta o della maggiore imposta, delle sanzioni e degli interessi, e se sia consentito anche con riguardo all'eventuale maggiore IVA accertata dall'ufficio e versata in acquiescenza; 

c) per esercitare il diritto alla detrazione, il cessionario estero sia tenuto a registrarsi ai fini IVA in Italia tramite la nomina di un rappresentante fiscale, a norma dell'art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, prima dell'esercizio, ad opera del cedente, della rivalsa del tributo ai sensi dell'art. 60, comma 7,  D.P.R. n. 633/1972.

Soluzione operativa

Si premette che la neutralità dell’IVA, in caso di regolarizzazione di alcune cessioni mediante ravvedimento operoso, è garantita dall’emissione da parte del fornitore delle note di variazione in aumento; in tal modo, il cessionario è in possesso del documento che legittima l’esercizio del diritto alla detrazione.

Non è corretto, invece, ritenere l’imposta addebitabile in via di rivalsa e detraibile secondo le previsioni di cui all’art. 60, comma 7, del D.P.R. n. 633/1972, poiché tale disposizione si riferisce esclusivamente ai casi in cui il maggior tributo sia stato accertato dall’Amministrazione finanziaria.

In particolare, l’Agenzia Entrate non ha ritenuto applicabile nel caso di specie la soluzione proposta dal contribuente che invocava, per il caso sub a), l’applicazione dell’art. 60 del D.P.R. n. 633/1972 in quanto, nella circostanza, non si è in presenza di un atto di accertamento divenuto definitivo, presupposto che emerge dalla lettera della norma.

Il cedente, tuttavia, può fare utile riferimento alle previsioni generali contenute nell’art. 26, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 che obbligano all’emissione di una nota di variazione in aumento, tra l’altro, tutte le volte in cui, successivamente all’emissione del documento che certifica la vendita, si verifichi un aumento dell’IVA dovuta per inesattezze della fatturazione. Tale obbligo non è sottoposto a limiti temporali.

Per valutare i diritti e gli obblighi del cessionario in relazione all’imposta addebitata in via di rivalsa, è necessario evidenziare che, per costante orientamento della giurisprudenza comunitaria (v. Corte di Giust. causa C-518/14 e causa C-101/16), secondo il disposto dell’art. 167 della Direttiva 2006/112/Ce, il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile, ma è esercitabile solo a partire dal momento in cui l’acquirente soggetto passivo è in possesso di una fattura, ex art. 178 Direttiva 2006/112/Ce. 

Pertanto, qualora si sia provveduto ad emettere una fattura addebitando l’imposta solo in sede di regolarizzazione, è dal momento in cui tale fattura è emessa (e dunque è in possesso del cessionario) che decorre il termine per esercitare il diritto alla detrazione, a nulla valendo il momento (anteriore) in cui l’operazione è stata effettuata e l’IVA è divenuta esigibile. 

Sulla scorta degli esposti principi, recepiti anche dalla Corte di Cassazione (v. sentenza n. 10103/2020), l’Agenzia delle Entrate sottolinea che, nel caso di specie, il diritto alla detrazione sorge nel momento in cui il cedente emette la nota di variazione in aumento ai sensi dell’art. 26, comma 1, e, secondo le disposizioni generali (art. 19, comma 1, D.P.R. n. 633/1972) può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto. 

A tal fine, per esercitare il diritto alla detrazione, come già chiarito dalla Circolare n. 35/E/2013, il cessionario è tenuto alla nomina di un rappresentate fiscale ai sensi dell’art. 17, comma 3, del D.P.R. n. 633/1972, anche successivamente all’effettuazione delle originarie cessioni di beni ma, ragionevolmente, fino al momento in cui è emessa la nota di variazione in aumento. Ciò sulla base dell’assunto che il cessionario non fosse obbligato a tale nomina già in precedenza. 

Nel caso in cui, invece, a seguito di verifica, l’ente impositore accerti che l’imposta era dovuta in misura superiore rispetto a quella ravveduta, torneranno applicabili le disposizioni dell’art. 60, comma 7, D.P.R. n. 633/1972. 

Quanto alla detrazione, tali norme si differenziano dal più restrittivo contenuto dell’art. 19, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 perché, da un lato, garantiscono all’acquirente un termine più ampio per il recupero dell’IVA, il quale cede con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui la maggiore imposta è stata addebitata in rivalsa, e, dall’altro, obbligano a determinare l’imposta detraibile in base alle condizioni esistenti al momento di effettuazione delle cessioni di beni originarie.

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