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Ok allo scudo fiscale se l’accertamento è riferito a questioni non attinenti ai beni detenuti all’estero

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Ok allo scudo fiscale se l’accertamento è riferito a questioni non attinenti ai beni detenuti all’estero

venerdì, 06 giugno 2025

Con ordinanza depositata il 4 giugno 2025, la Corte di Cassazione ha espresso un principio di diritto in materia di scudo fiscale, precisando che “in tema di «scudo fiscale», l'articolo 14, comma 7, del d.l. 25 settembre 2001, n. 350, conv. con modif. dalla I. n. 409 del 2001, non consente al contribuente di accedere ai benefici previsti per il rimpatrio delle attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dal territorio dello Stato, giusta il richiamo operato dall'art. 13-bis del d.I. 1° luglio 2009, n. 78, conv. con modif. nella I. n. 102 del 2009, quando, alla data di presentazione dell'apposita dichiarazione riservata, è stata già constatata una violazione in materia di detenzioni finanziarie all'estero, «o comunque sono già iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza.

Tale ultima preclusione deve intendersi limitata ai casi in cui l'accertamento in corso riguardi la stessa materia delle detenzioni all'estero, essendo irragionevole un'interpretazione riferita ad ogni tipo di indagine fiscale, che comporterebbe un limite all'accesso al beneficio in fase anteriore alla contestazione più stringente di quello previsto per il caso in cui la violazione è già stata contestata”. 

Con queste parole i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate che chiedeva la regolarizzazione della dichiarazione dei redditi e investimenti finanziari detenuti all’estero da un contribuente, attraverso l’impiego dell’istituto dello scudo fiscale. 

La Cassazione ha, invece, ritenuto valida l’interpretazione dei giudici tributari d’appello relativa all’articolo 14 del d.l. n. 350/2001. 

A parere della commissione tributaria regionale, infatti, l’accesso allo scudo fiscale e, dunque, la possibilità per il contribuente di beneficiare degli aiuti fiscali relativamente al rimpatrio dei beni e attività finanziarie detenute all’estero è precluso solo quando, al momento della presentazione dell’istanza per fruire dell’aiuto fiscale, sia stata già constatata una violazione o comunque sono già iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza. 

Non vi sono dubbi che, per il primo caso, osti alla concessione dei benefici il fatto che la violazione riguardi il settore delle attività finanziarie all'estero. 

Non è ipotizzabile, pertanto, scrive la Cassazione condividendo la linea interpretativa adottata dai colleghi del merito, che il legislatore abbia imposto una condizione più rigida per l'accesso ai benefici nel caso in cui la constatazione non abbia ancora avuto luogo - ritenendo sufficiente la pendenza di un accertamento su una qualsiasi violazione fiscale, anche se avulsa dalla materia del rimpatrio di capitali - ed abbia invece richiesto che, ove già concluso, l'accertamento debba riguardare solo tale ultimo ambito. 

Diversamente opinando, del resto, la preclusione di cui alla norma resterebbe priva di significato, essendo sufficiente il pregresso avvio di un accertamento "generico" a privare dei suoi effetti la dichiarazione riservata; essa, invece, si spiega proprio con riferimento ai casi in cui un accertamento a più largo raggio consenta, nel corso delle operazioni, di delineare una violazione più definita, che dev'essere contestata al contribuente per bloccare l'accesso al beneficio.

Va, dunque, confermata la pronuncia di merito che ha ritenuto applicabile lo scudo fiscale al caso di specie, in quanto gli inviti a ricevere chiarimenti trasmessi al contribuente dal fisco si riferivano a questioni che nulla avevano a che fare con i beni detenuti fuori dall’Italia.

 

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