E’ colpevole di bancarotta fraudolenta il manager consapevole di adottare azioni contrarie al bene aziendale già in bilico.
Questo è quanto emerge da una sentenza della Corte di Cassazione, la n.16407 del 30 aprile 2025, con cui gli ermellini hanno rigettato il ricorso dell’amministratore di un’azienda fallita, ritenendolo colpevole per aver contribuito consciamente alla rovina aziendale, in quanto quando già l’azienda versava in una situazione critica, lo stesso aveva continuato a finanziare una srl partecipata dalla medesima azienda.
La Cassazione ha evidenziato che, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta, nella sua dimensione oggettiva, ciò che rileva è l'incidenza causale della condotta rispetto al fallimento: la preesistenza di una causa in sé efficiente del dissesto e, quindi, il fatto che l'operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo l'aggravamento di un dissesto già in atto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all'art. 41 cod. pen., non è circostanza idonea ad interrompere il nesso di causalità tra l'operazione dolosa e il successivo fallimento della società (Sez. 5, n. 40998 del 20/05/2014, Rv. 262189) e, con esso, il perfezionamento del reato.
Dal lato soggettivo, la fattispecie normativa compone il reato come un delitto a dolo generico, dove il fallimento è solo l'effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria.
Per la Corte, non è necessaria, dunque, una volontà diretta a cagionare il dissesto: è sufficiente la consapevolezza di mettere in piedi un'operazione che, attuandosi in un abuso o in un'infedeltà nell'esercizio del ruolo ricoperto o in un atto di per sè pericoloso per la salute economico-finanziaria della società, provochi l'astratta prevedibilità della situazione.
Un genere di bancarotta “preterintenzionale”, scrivono i giudici, dove ciò che rileva è il collegamento puramente causale con l'evento assoggettato ad una condotta volontaria astrattamente idonea a provocare l'evento, accolto anche solo potenzialmente.
Nel caso di specie era evidente la prova, da un lato, dell’effettiva conoscenza di fatti pericolosi per la società da parte dell’amministratore o, quanto meno, la presenza di segnali di allarme inconfondibili dai quali si poteva dedurre che il manager avesse accettato il rischio - secondo i criteri propri del dolo eventuale - del verificarsi dell'evento illecito e, dall'altro, della volontà - quale dolo indiretto – di non intervenire attivamente per evitare l’evento medesimo, partecipando ad esso qualora dovesse verificarsi (Cass. Sez. 5, n. 33856 del 13/09/2021).
In altri termini, perché si configuri la responsabilità del manager per bancarotta fraudolenta in tali circostanze, è necessario che il soggetto agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie reale, aderendo psicologicamente ad essa; egli deve essersi rappresentato la significativa possibilità di concretizzazione dell'evento e, ciò nonostante, essersi determinato ad agire (o non agire) in ogni caso, anche a costo di generare l'evento lesivo, accettando la sua verificazione dunque anche in via potenziale.