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Con la Srl estinta, è esclusa la responsabilità del liquidatore e degli ex amministratori per mancato pagamento delle imposte

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Con la Srl estinta, è esclusa la responsabilità del liquidatore e degli ex amministratori per mancato pagamento delle imposte

lunedì, 28 aprile 2025

Con l’ordinanza del 23 aprile 2025, n. 10734, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso del liquidatore di una srl estinta, richiesto a parziale modifica della pronuncia della sezione tributaria dei giudici d’appello della Toscana che avevano condannato il liquidatore (ma non gli ex amministratori, le cui ragioni in sede d’appello erano state esaudite), ai sensi dell’articolo 2495 c.c., al pagamento delle imposte comunali sulla base di quattro avvisi di accertamento in precedenza notificati alla società.

I ricorrenti lamentavano che i giudici di merito si fossero pronunciati in violazione dell’articolo 2495 c.c. e 36 dPR n. 602/1973 (nella formulazione anteriore alla riforma ex d.lgs. n. 175/2014), poiché, in dettaglio la CTR aveva ritenuto l'inutilità della sussistenza, nell'atto impositivo, di un provvedimento motivato fondante la responsabilità personale del liquidatore per le imposte riferito alla società cancellata; a parere dei ricorrenti, i giudici avrebbero dovuto considerare che il Comune avrebbe dovuto indicare specificamente, nell'ingiunzione di pagamento, le norme su cui si fondava la sua azione esecutiva, nonché le ragioni in forza delle quali venivano rivolti gli addebiti ai ricorrenti, ponendo, erroneamente, l'onere probatorio dell'insussistenza della responsabilità a carico del liquidatore. 

Invece, l’ente nell’ingiunzione si era limitato a richiamare le norme ed indicare gli avvisi di accertamento con i relativi importi, l'oggetto del debito tributario, i nominativi dei debitori e la loro qualità rivestita all'interno della società, senza chiarire i motivi su cui fondavano gli addebiti.

La Corte di Cassazione ha ritenuto ingiustificato il ricorso promosso da parte degli ex amministratori, poiché i giudici di merito si erano già pronunciati in loro favore, mentre ha confermato le ragioni del liquidatore, preliminarmente richiamando il testo dell’articolo 2495 c.c. che così dispone: “Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società”. 

Stante il suddetto dettato normativo, la Cassazione ha ricordato, sulla scorta di un orientamento ormai costante in giurisprudenza, che la responsabilità del liquidatore (per il mancato soddisfacimento dei creditori sociali al momento della liquidazione ed in esito all'estinzione della società), fondata sulla colpa, deve ricondursi ad ipotesi di responsabilità aquiliana (ex art. 2043 c.c.; cfr., in termini, Cass. 10 novembre 2006 n. 24039, Cass. 6 luglio 1977 n. 2972, ma si vedano anche, in motivazione, Cass. SS.UU. 22 febbraio 2010 nn. 4060, 4061 e 4062, Cass. 3 aprile 2003 n. 5113); laddove un'identità di titolo può, diversamente, prospettarsi nel rapporto (di natura successoria) tra la responsabilità debitoria della società estinta e (fino alla concorrenza delle somme riscosse in base al bilancio finale di liquidazione) quella dei soci.

In tema di liquidazione di società di capitali, la responsabilità verso i creditori sociali prevista dall'art. 2495 c.c. ha, dunque, natura aquiliana, gravando sul creditore rimasto insoddisfatto di dedurre ed allegare che la fase di pagamento dei debiti sociali non si è svolta nel rispetto del principio della par condicio creditorum. 

Il medesimo creditore, quindi, qualora faccia valere la responsabilità "illimitata" del liquidatore, affermando di essere stato pretermesso nella detta fase a vantaggio di altri creditori, deve dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito, provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell'apertura della fase di liquidazione, e il conseguente danno determinato dall'inadempimento del liquidatore alle sue obbligazioni, astrattamente idoneo a provocarne la lesione, con riferimento alla natura del credito e al suo grado di priorità rispetto ad altri andati soddisfatti; grava, invece, sul liquidatore l'onere di dimostrare l'adempimento dell'obbligo di procedere a una corretta e fedele ricognizione dei debiti sociali e di averli pagati nel rispetto della par condicio creditorum, secondo il loro ordine di preferenza, senza alcuna pretermissione di crediti all'epoca esistenti. 

Con riferimento alla posizione dei soci, la Cassazione, richiamando una propria pronuncia del 2021, la n. 14570, evidenzia che l'amministrazione finanziaria, la quale intenda esigere dai soci i crediti vantati nei confronti di una società di capitali estinta, deve informarli, mediante apposito avviso di liquidazione, delle ragioni della pretesa vantata nei loro confronti e degli elementi comprovanti l'incasso di somme l'attribuzione di beni della società, nonché dei relativi valori dal momento che, a differenza di quanto avviene per le società di persone, nelle società di capitali i soci rispondono dei debiti sociali non in qualità di successori della società estinta, ma in virtù di un'obbligazione autonoma per ingiustificato arricchimento che, ex lege, impone a costoro di restituire quanto percepito in violazione della regola di cui all'articolo 2491 c.c..

Sulla base di quanto espresso in precedenza, si deve, pertanto, ritenere che l’Agenzia delle Entrate, in quanto creditore, è ugualmente tenuta a portare a conoscenza del contribuente, in modo da consentirgli di contestare la fondatezza della pretesa impositiva, le ragioni per le quali egli è obbligato, in base agli specifici presupposti di cui all'art. 2495 c.c., a versare l'imposta accertata

in capo alla società, con la conseguenza che la cartella di pagamento, non preceduta dalla notifica di un apposito avviso di liquidazione nei confronti del socio, è illegittima (Cass., 30 dicembre 2016, n. 27488).

Nel caso di specie non risultava che negli avvisi di accertamento richiamati nell'ingiunzione di pagamento fossero stati indicati gli addebiti mossi all'operato del liquidatore e degli ex amministratori. 

In particolare, l'ingiunzione di pagamento, oltre a richiamare gli irrilevanti si limitava a riportare in calce una elencazione delle norme che regolano, in generale, l'accertamento tributario e la relativa riscossione, e ad indicare i prodromici avvisi di accertamento con i relativi importi, l'oggetto del debito tributario, i nominativi dei debitori e la loro qualità rivestita all'interno della società.

Ne consegue - in difetto della prova contraria, da parte dell'Agenzia, di uno specifico contenuto motivazionale degli avvisi riguardante la responsabilità del contribuente ai sensi dell'art. 36 dPR n. 602 del 1973 - l'inidoneità degli avvisi di per sé considerati a fondare un'autonoma pretesa nei confronti dei ricorrenti suscettibile, poi, di legittimare l'ingiunzione di pagamento. 

Tenendo presente che si è davanti ad una responsabilità di tipo aquiliana, l'onere di provare la violazione del principio della par condicio in sede di liquidazione ricade sul creditore e, quindi, nel caso di specie, sul Comune, trattandosi di un fatto costitutivo della pretesa tributaria.

Anche a voler invocare, precisa la Corte, una responsabilità dei soci ai sensi del D.P.R. 202 del 1973 art. 36 comma 3, si sarebbe dovuto verificare che i beni sociali, negli ultimi due periodi di di imposta precedenti la liquidazione, fossero stati distratti dagli amministratori in favore dei soci oppure che i liquidatori avessero assegnato loro beni sociali durante il tempo della liquidazione; poiché, solo in tali circostanze e se correttamente e motivatamente notificato, i soci potevano ritenersi responsabili del pagamento delle imposte dovute nei limiti del valore dei beni stessi.

 

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