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Verifiche fiscali: basta una foto di Whatsapp a provare la violazione

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Verifiche fiscali: basta una foto di Whatsapp a provare la violazione

lunedì, 03 marzo 2025

Con la sentenza n. 1254/2025 del 18 gennaio scorso, la Corte di Cassazione ha chiarito che i messaggi contenuti nelle chat di messaggistica istantanea possono essere utilizzati come prove documentali in un processo tributario dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate.

Si modifica, dunque, rispetto al passato, l’orientamento dei giudici di legittimità, quando invece si riteneva che i messaggi scambiati tramite tali strumenti di comunicazione, potevano essere valutati a discrezione del giudice, ma non potevano costituire prove documentali.

Oggi, invece, la Cassazione, ribaltando il proprio indirizzo, ha evidenziato che i messaggi scambiati con strumenti di messaggistica istantanea hanno valore di piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose rappresentate, ai sensi dell’articolo 2712 del Codice Civile sulle riproduzioni meccaniche.

Il messaggio può costituire prova documentale a tre condizioni:

  1. la provenienza del messaggio deve essere autentica, ossia il messaggio deve provenire da un dispositivo identificabile e la trasmissione e la conservazione non ne abbiano alterato il contenuto; 
  2. il contenuto deve essere affidabile e integro; quindi, perché il messaggio venga acquisito come prova, è necessaria la presenza di elementi tecnici che attestino l’integrità del messaggio stesso.
  3. Infine, la controparte non deve confutare l’autenticità del messaggio.

I giudici raccomandano poi di considerare il fatto che si tratta, comunque, di messaggi privati, pertanto, nell’acquisizione della prova va rispettata anche la privacy dei soggetti coinvolti, tuttavia, considerando che i controlli ispettivi prevedono anche l’accesso agli strumenti informatici e ai dispositivi elettronici presenti nella sede dell’azienda oggetto di controllo, qualora durante le verifiche emergano prove di attività illecite o una contabilità parallela, i messaggi scambiati presenti sui dispositivi del contribuente  possono essere acquisiti come prova dei fatti contestati (si trattava nel caso di specie di messaggi privati scambiati via Whatsapp nella versione desktop, quindi presenti su un dispositivo aziendale).

E si sa che la prova documentale ha un valore prevalente su quella testimoniale nelle verifiche fiscali.

Per gli ermellini, tali prove possono essere validamente esibite nel processo anche mediante la semplice riproduzione fotografica. 

Da tale considerazione consegue che è sufficiente uno screenshot. Quindi, basta esibire nel processo la fotografia dello schermo del telefono o del pc che cattura il messaggio incriminato estraendolo dal thread, perché tale immagine costituisca prova documentale valida, sempre che sussistano le condizioni innanzi delineate.

Sebbene, quindi, i messaggi scambiati con un sistema di messaggistica istantanea, quale Whatsapp, non possono equipararsi all’efficacia di una scrittura privata firmata, che, ai sensi dell’articolo 2702 del Codice Civile, fa piena prova fino a querela di falso, rappresentano comunque una prova documentale integralmente utilizzabile in un processo, purchè la parte contro cui sono prodotti non disconosca la conformità del contenuto del messaggio alle cose o ai fatti dallo stesso rappresentati. 

 

 

 

 

 

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