È soggetta a IVA, in quanto configura un’obbligazione generica di permettere, l’attività di acquisizione del credito “litigioso” e la posizione processuale di quest’ultimo, comprensiva di tutti i relativi diritti e gli obblighi, diretta al recupero del credito stesso previo accertamento giudiziale o accordo transattivo.
È quanto ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello n. 334 del 1° giugno 2023, formulata da una società di consulenza che intende svolgere l’attività di compravendita e gestione dei diritti inerenti a cause legali, anche potenziali (res litigiosa), aventi contenuto patrimoniale, tanto nei confronti di aziende, associazioni fondazioni e professionisti, quanto di privati.
In sostanza, l’istante, estraneo all’altrui controversia legale per carenza di interesse, concluderebbe con la parte in causa, titolare di un diritto di credito controverso, un accordo in forza del quale acquisterebbe il credito cd. “litigioso” e la posizione processuale di quest’ultimo, comprensiva di tutti i relativi diritti e gli obblighi, diretta al recupero del credito stesso previo accertamento giudiziale o accordo transattivo.
Quale corrispettivo per l’acquisto della res litigiosa/diritto di credito oggetto di giudizio, l’istante riconoscerebbe alla parte in causa originaria (di seguito, “cedente”) l’assunzione su di sé tanto degli oneri dei costi legali e delle consulenze tecniche, quanto del rischio di sostenimento dei costi di soccombenza del giudizio.
In caso di esito favorevole del giudizio, per effetto di sentenza o di transazione, l’istante otterrebbe una quota del diritto di risarcimento riconosciuto che, in parte, verrebbe trattenuto dallo stesso per coprire tutti i costi sostenuti e, per l’eccedenza, verrebbe ripartito tra l’istante e il cedente sulla base di parametri concordati (ad esempio, al 50% tra le parti). Viceversa, in ipotesi di soccombenza, l’istante non riceverebbe alcun ristoro per i costi sostenuti e, in caso di condanna alle spese di lite, sarebbe obbligato alla rifusione in favore della parte avversa delle sue spese processuali.
I dubbi interpretativi sollevati dall’istante sono diretti a sapere, in primo luogo, quale sia la corretta qualificazione, ai fini IVA, dell’operazione di gestione dei crediti litigiosi che intende acquistare e, in particolare, se la predetta operazione sia imponibile o esente e, in secondo luogo, se sia possibile detrarre l’imposta assolta sulle spese legali e di consulenza.
Ad avviso dell’Agenzia delle Entrate, la cessione di “res litigiosa” non presenta i presupposti per essere ricondotta nell’ambito delle cessioni di credito, non avendo per oggetto un credito, bensì la possibilità di subentrare nei diritti e obblighi di una posizione processuale.
L’operazione in esame e, quindi, soggetta a IVA, con applicazione dell’aliquota ordinaria, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, nella parte in cui qualifica come prestazioni di servizi “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da (...) obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”.
Il cedente, ove soggetto passivo IVA, è pertanto obbligato ad emettere la relativa fattura all’atto del pagamento del prezzo da parte dell’istante, al lordo della parte compensata.
In merito al diritto alla detrazione, l’Agenzia si è limitata ad affermare che trovano applicazione i principi contenuti negli artt. 19 e ss. del D.P.R. n. 633/1972.