Quesito
L'ente bilaterale istante rappresenta di aver previsto, da aprile 2020 al 31 luglio 2020 - prorogato per tutto il mese di settembre e con possibilità di estensione fino alla fine dell'anno 2020 - lo svolgimento da parte dei propri dipendenti della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile.
L'Istante precisa che tale modalità di lavoro si è resa necessaria in considerazione delle nuove esigenze legate al contenimento dell'emergenza epidemiologica da Covid-19, che hanno spinto il Legislatore ad incentivare tale modalità di svolgimento della prestazione lavorativa per arginare la diffusione del virus e limitare i contagi all'interno delle realtà lavorative ed aziendali.
Tenuto conto della nuova modalità di lavoro, l'Istante chiede se ai fini delle imposte dirette, il servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto, erogato in favore dei propri lavoratori agili, non concorra alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell'articolo 51, comma 2, lettera c), del Testo unico delle impose sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir).
Conseguentemente, chiede se in qualità di sostituto di imposta, non sia tenuto, ai sensi dell'articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 ad operare la ritenuta a titolo d'acconto Irpef sul valore del servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto che viene assicurato ai propri lavoratori dipendenti che svolgono la prestazione di lavoro in modalità smart-working.
L'Agenzia delle Entrate, con la pubblicazione della Risposta n. 123 ha:
- confermato che i buoni pasto riconosciuti ai dipendenti che lavorano in smart-working non concorrono alla formazione del reddito imponibile;
- precisato che l'istante non è, dunque, tenuto ad operare una ritenuto a titolo d'acconto Irpef ex art. 23 del Tuir fino al valore dei buoni pasto stabilito dall'art. 51, comma 2, del Tuir (4 euro per i buoni pasto cartacei, 8 euro per i buoni pasto elettronici).
L'amministrazione finanziaria, per poter dare una risposta sul tema ha analizzato due norme, la prima fiscale e la seconda emanata dal Mise, e più precisamente:
- l'art 51, comma 2, Tuir: non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente "le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi; le prestazioni sostitutive delle somministrazioni di vitto fino all'importo complessivo giornaliero di euro 4, aumentato a euro 8 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica; le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione fino all'importo complessivo giornaliero di euro 5,29";
- l'art. 4 del DM del Mise n°122/2017 che stabilisce che i buoni pasto "consentono al titolare di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto, consentono all'esercizio convenzionato di provare documentalmente l'avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione, sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l'orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato, non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare e sono utilizzabili esclusivamente per l'intero valore facciale."
Il legislatore di fatto stabilisce che i buoni pasto non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente, ma non prevede nè una normativa fiscale ad hoc, nè vieta l'erogazione degli stessi; ecco perchè, l'amministrazione finanziaria ha confermato al soggetto istante l'applicazione di quanto disposto dal citato art. 51, comma 2, del Tuir.