 Gentile utente ti informiamo che questo sito utilizza cookie di profilazione di terze parti. Se decidi di continuare la navigazione accetti l'uso dei cookie.
x Chiudi
  • Accedi
  • |
  • SHOP
  • |
  • @ Contattaci
Consulenza.it - L'informazione integrata per professionisti e aziende
Consulenza Buffetti - il portale dei professionisti e delle aziende
Ricerca avanzata
MENU
  • home HOME
  • News
  • Articoli
  • Video
  • Scadenze
  • Formazione
  • Guide
  • CCNL
  • Banche Dati Consulenza Buffetti
Home
News
Condono fiscale ed effetti sui contributi INPS

News

Contenzioso e processo
torna alle news

Condono fiscale ed effetti sui contributi INPS

lunedì, 25 gennaio 2021

Con ordinanza 20 gennaio 2021, n. 950, la Corte di Cassazione ha affermato il principio che l’INPS può chiedere i contributi previdenziali sulla base dell’intero importo dell’accertamento fiscale anche se il contribuente ha aderito al condono fiscale. 

La questione 

Nel caso di specie, la Corte d'Appello ha rigettato l'opposizione proposta da un artigiano nei confronti dell'INPS, avverso l'avviso di addebito dei contributi previdenziali relativi alla Gestione artigiani omessi in relazione al maggior reddito accertato dall'Agenzia delle Entrate, ritenendo dovuta la contribuzione sul maggior reddito definitivamente accertato, risultando irrilevante ai fini della base imponibile contributiva l'accesso consentito al contribuente, per la definizione della lite fiscale, a strumenti deflativi del contenzioso quali, nella specie, la definizione prevista dall’art. 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011, convertito con modificazioni in legge n. 111/2011.

Il contribuente ricorre in Cassazione imputando alla Corte di merito, tra l’altro, di avere ritenuto rilevante, ai fini della prova del credito vantato dall'INPS per omessa contribuzione, il maggior reddito accertato a carico del ricorrente in sede fiscale e divenuto definitivo nella sua entità per essere stato il contenzioso definito con l'adesione al condono. 

La decisione

Con l’ordinanza in esame, la Sezione lavoro respinge il ricorso per la definizione agevolata della pendenza, affermando che la facoltà di pagamento ridotto rispetto all’importo originario, offerta dal condono, ha effetto solo ai fini fiscali e non anche sulla pretesa contributiva dell’INPS, che mantiene così il diritto a riscuotere l’intero credito, calcolato in base al reddito che era stato accertato nell’atto impositivo.

Con la decisione n. 950/2021, la Suprema Corte ha analizzato a fondo il profilo della definitività o meno dell’avviso di accertamento che è posto a base dell’addebito contributivo, collocandosi nel solco interpretativo già segnato da altre recenti sentenze (v. Cass. n. 13463/2017; n. 19640/2018; n. 23301/2019).

Si premette che, come recita l’art. 39, comma 12, del D.L. n. 98/2011, la definizione delle controversie a monte ha ad oggetto esclusivamente, "le liti fiscali di valore non superiore a 20.000 euro in cui é parte l'Agenzia delle Entrate, pendenti alla data del 31 dicembre 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio e anche a seguito di rinvio" e si perfeziona "a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell’art. 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289".

Il tenore letterale delle due norme in cui si iscrive l'istituto della definizione concordata delle lite fiscali e la finalità espressamente indicata dal legislatore nella rubrica dell'art. 39 ("Disposizioni in materia di riordino della giustizia tributaria"), inducono a ravvisare nella definizione agevolata delle liti tributarie l'esclusiva natura deflativa del contenzioso tributario (di valore non superiore a 20.000 euro e già pendente al 31 dicembre 2011) allo scopo di liberare e concentrare le risorse dell'Agenzia delle Entrate sulla proficua e spedita gestione dei procedimenti di natura precontenziosa, attraverso il pagamento di un importo percentualmente ridotto del tributo oggetto della lite.

La ripartita collocazione delle disposizioni richiamate orienta così l'interprete nel tenere su piani distinti le misure deflative del contenzioso fiscale e previdenziale.

Inoltre, rileva la Suprema Corte, nel testo dell'art. 39 non si rinviene alcun elemento che permetta di saldare le due disposizioni al punto da ritenere che la definizione concordata del giudizio tributario estenda gli effetti sulla rideterminazione totale o parziale del presupposto impositivo accertato dall'Agenzia Entrate ai fini extrafiscali, quali i contributi previdenziali calcolati a percentuale sul reddito.  

Quindi, l'unico effetto della definizione agevolata de qua è costituito dalla chiusura della lite fra il contribuente e l'ente impositore a fronte del pagamento di un determinato importo percentuale dell'imposta in contestazione e la definizione concordata non incide in alcun modo sul contenuto dell'accertamento tributario né importa definitività dell'atto emesso dall'Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 1 del D.Lgs. n. 462/1997, la cui efficacia, ai fini extrafiscali del calcolo dei contributi INPS a percentuale sul maggiore reddito, rimane impregiudicata.

Peraltro, ai sensi dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, è compito dell'Agenzia delle Entrate in sede di liquidazione delle imposte, contributi e premi dovuti in base alle dichiarazioni dei redditi, provvedere al controllo formale e sostanziale dei dati in esse contenuti (v. Cass. n. 17769/2015). Inoltre, l’art. 1 del D.Lgs. n. 462/1997, al fine di dare attuazione dei criteri di determinazione delle basi imponibili fiscali e di queste con quelle contributive e delle relative procedure di liquidazione, riscossione, accertamento e contenzioso, ha disposto che "Per la liquidazione, l'accertamento e la riscossione dei contributi e dei premi previdenziali ed assistenziali che ... devono essere determinati nelle dichiarazioni dei redditi, si applicano le disposizioni previste in materia di imposte sui redditi".

Si è quindi in presenza di un sistema di accertamento, liquidazione e riscossione comune ai rapporti previdenziale e tributario, in cui gli atti di accertamento disposti dall’Agenzia delle Entrate costituiscono atti di esercizio anche del rapporto previdenziale, sicchè l’accertamento esperito in sede tributaria estende i suoi effetti sulla pretesa previdenziale dell’INPS, qualora l’Istituto lo invochi a sostegno della propria pretesa e qualora il contribuente non ne contesti l’esito con prove di segno contrario. 

Conclusioni

L'accertamento conserva comunque valore probatorio che può essere resistito da prove di segno contrario senza che ciò incida sul riparto dell'onere probatorio: in mancanza di tale resistenza di segno negativo offerta dall'obbligato, l'atto di accertamento dovrà ritenersi idoneo a rendere definitivo l'avveramento del fatto nello stesso contenuto. 

Nel caso di specie, il ricorrente non ha debitamente contestato l'idoneità degli apprezzamenti posti a base dell'accertamento tributario che ha fondato l’addebito da parte dell'INPS, limitandosi ad invocare a proprio favore la regola di riparto dell'onere probatorio quale conseguenza della irrilevanza ai fini contributivi dell'accettazione del condono tributario, ex  D.L. n. 98 del 2011, con la conseguenza che l'accertamento è divenuto definitivo riverberando di riflesso i suoi effetti sull'obbligazione contributiva.

Consulenza Buffetti - il portale dei professionisti e delle aziende

Consulenza.it è di proprietà di Gruppo Buffetti S.p.A. - tutti i diritti sono riservati
Direttore Responsabile: Emidio Lenzi

consulenza@buffetti.it - 06 23 19 51

Gruppo Buffetti S.p.A. con unico azionista - Via Filippo Caruso 23 - 00173 ROMA
P.IVA 04533641009 - C. Fiscale 00248370546 - Iscrizione Registro Imprese REA 776017
Capitale Sociale: € 10.000.000,00 i.v. - Registro A.E.E. n. IT08020000003689

  • Privacy Policy
  • Termini di Servizio
  • Cookie Policy
  • Credits
Dimenticato la password? oppure il nome utente?
NON SEI ANCORA REGISTRATO?
Registrati