Con la risposta n.494 del 21 ottobre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i contributi economici corrisposti “una tantum” dal Comune per sostenere talune imprese del proprio territorio, al fine di scongiurarne la possibile chiusura indotta dall’emergenza sanitaria, sono da assoggettare a ritenuta d’acconto del 4%.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, tale beneficio, fiscalmente, non ha la stessa natura del “contributo a fondo perduto”, disciplinato dall’articolo 25 del cosiddetto “Decreto Rilancio” (D.L. n.34/2020 convertito dalla Legge n. 77/2020).
Come si ricorderà, il predetto “contributo a fondo perduto”, per espressa previsione normativa, non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi; pertanto non è soggetto ad alcuna ritenuta, né d’imposta, né a titolo di acconto.
Diverso, invece, è il trattamento del contributo “una tantum” deliberato da un Comune, destinato a talune attività di impresa del proprio territorio, soggette a chiusura durante l’emergenza sanitaria determinata da COVID-19, e graduato nell’importo in relazione al danno economico subìto dalle imprese beneficiarie.
Il Comune ha applicato in sede di erogazione la ritenuta d’acconto del 4%, ai sensi dell’articolo 28, 2° comma, del DPR n.600/73.
Ciò premesso, il Comune, con l’istanza d’interpello da cui è scaturita la risposta n.494, ha chiesto conferma in merito all’applicazione della ritenuta del 4%, in quanto ritiene che il contributo deliberato, essendo strettamente affine al citato “contributo a fondo perduto” di cui all’art.25 del D.L. 34/2020, debba essere sottoposto al medesimo trattamento tributario e non debba, conseguentemente, essere assoggettato alla ritenuta d’acconto del 4%.
Nella Risposta in esame, l’Agenzia delle Entrate - dopo aver ribadito che il contributo ex articolo 25 del D.L. n.34/2020 non concorre alla formazione della base imponibile IRPEF, IRES e IRAP e, pertanto, non è soggetto alla ritenuta del 4% - afferma espressamente che tale trattamento tributario “non può essere applicato ad altre fattispecie in ragione della circostanza che le norme di esenzione in materia tributaria, per effetto della loro natura derogatoria di carattere speciale, sono di stretta interpretazione, ai sensi dell’articolo 12 delle preleggi”.
Quindi, in assenza di una espressa previsione di legge che escluda la rilevanza ai fini delle imposte sui redditi dei contributi pubblici, occorre far riferimento alle vigenti regole che ne disciplinano la tassazione diretta.
Operativamente, ai sensi dell’art.85 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi
(TUIR - DPR n.917/1986), assumono la natura di ricavi i cosiddetti “contributi in conto esercizio” e i “contributi contrattualmente previsti”; i medesimi concorrono interamente alla determinazione del risultato economico d’esercizio.
I contributi definiti “in conto capitale”, costituiti da proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità e disciplinati dall’art.88, 3° comma, del TUIR, non sono correlati a specifici fattori produttivi e rappresentano un generico potenziamento dell’apparato produttivo dell’impresa beneficiaria. Ai fini fiscali, tali contributi assumono la natura di sopravvenienze attive, nel momento in cui entrano nella disponibilità materiale e giuridica del percettore.
Questi ultimi contributi concorrono alla determinazione del reddito interamente nell’esercizio in cui sono stati conseguiti ovvero, a scelta del contribuente, nell’esercizio stesso e nei successivi ma non oltre il quarto in quote costanti.
Infine, i contributi concessi specificamente in relazione all’acquisto di beni ammortizzabili, definiti “contributi in conto impianti”, non generano né sopravvenienze attive, né ricavi, bensì rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono.
Ciò significa che contributi in conto impianti non assumono autonoma rilevanza fiscale ma devono essere ripartiti in base alla vita utile del bene per il quale sono stati concessi.
Dopo tali precisazioni, ritornando alla fattispecie prospettata nel quesito, l’Agenzia ribadisce che, riguardo al contributo deliberato dal Comune a favore delle imprese in difficoltà economica a seguito dell’emergenza sanitaria, non è rinvenibile nell’ordinamento una norma che ne escluda la tassazione e, pertanto, non trova applicazione un regime fiscale di favore.
In buona sostanza, il contributo disposto dal Comune non è diretto all’acquisto di beni strumentali, poiché si concretizza in un sostegno economico straordinario alle imprese.
In assenza, quindi , di disposizioni che riconoscono un regime fiscale di favore a tali erogazioni, l’Agenzia ritiene che il contributo in questione sia rilevante ai fini delle imposte sui redditi e sia da assoggettare, al momento dell’erogazione, alla ritenuta a titolo d’acconto nella misura del 4%, come correttamente riportato anche nella specifica delibera comunale.