L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello 19 ottobre 2020, n. 482, si è pronunciata in materia di deducibilità dei contributi previdenziali versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, relativi al riscatto degli anni di laurea ai fini di buonuscita.
La fattispecie
Nel caso in esame, un contribuente ha chiesto all’Amministrazione finanziaria se, per i contributi previdenziali versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, relativi al riscatto degli anni di laurea ai fini della buonuscita, i dipendenti abbiano diritto alla deduzione dell'onere dal reddito complessivo ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. e), del TUIR, anche a seguito dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 436 del 2017.
L'interpellante assume che i contributi versati per il riscatto degli anni di studi ai fini di buonuscita rientrano tra gli oneri integralmente deducibili, al pari dei contributi versati per il riscatto degli anni di studio ai fini pensionistici.
L'art. 10, comma 1, lett. e), del TUIR, prevede che dal reddito complessivo si deducono i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, ivi compresi quelli per la ricongiunzione di periodi assicurativi.
Con riferimento ai contributi versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza, è stato chiarito (v. Risoluzioni n. 298/2002 e n. 25/2011; Circolare n. 19/2020) che gli stessi sono deducibili qualunque sia la causa che origina il versamento, che "può rinvenirsi nei riscatti (ad esempio per il corso di laurea), nella prosecuzione volontaria del versamento dei contributi nonché nella ricongiunzione di periodi assicurativi maturati presso altre gestioni previdenziali obbligatorie”.
Nella menzionata pronuncia della Cassazione n. 436/2017, viene precisato, in particolare, che dall'imponibile ai fini dell'IRPEF dovuta sull'indennità di buonuscita, che è erogata al dipendente dello Stato cessato dal servizio, non deve essere esclusa la di detta indennità correlata ai versamenti volontari effettuati dal dipendente per riscattare il periodo di studi universitari.
S è poi aggiunto (v. Cass. n. 8403/2013), che a norma dell'art. 2 della legge n. 482/1985, ove la formazione di una parte dell'indennità di buonuscita spettante al dipendente pubblico a tempo indeterminato venga alimentata con contributi interamente ed esclusivamente a carico del dipendente, versati volontariamente per servizi pre-ruolo ammessi a riscatto, tale parte dell'indennità non va sottratta all'imposizione fiscale ordinaria, posto che, in tal caso, la funzione del versamento consegue essenzialmente il riconoscimento normativo di un'anzianità convenzionale, con il beneficio della valutazione di periodi altrimenti non valutabili.
Contrariamente all’assunto dell’istante, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che l’ordinanza menzionata non riguarda l'interpretazione dell'art. 10, comma 1, lett. e), del TUIR, bensì concerne la determinazione dell'indennità di buonuscita di cui all'art. 19, comma 2-bis, del TUIR.
Pertanto conferma che in applicazione dell’art. 10, comma 1, lett. e), del TUIR, sono deducibili dal reddito complessivo i contributi previdenziali versati facoltativamente alla gestione della forma pensionistica obbligatoria di appartenenza qualunque sia la causa che origina il versamento.