Una società ha presentato telematicamente in data 30 giugno 2020 la Dichiarazione Iva 2020 dalla quale si evince un credito Iva su cui il professionista incaricato ha apposto il visto di conformità.
La suddetta società vorrebbe utilizzare tale credito in compensazione per il versamento delle ritenute operate a titolo di acconto sui redditi da lavoro autonomo (codice tributo 1040), ma fa presente che pende a suo carico un debito Imu iscritto a ruolo (anni 2012 e 2013) di importo superiore a 1.500 non ancora pagato. Tenuto conto di tale debito è possibile procedere alla compensazione del credito iva così come indicato, oppure tale possibilità è inibita secondo quanto previsto dall'art. 31, comma 1 del Dl 78/2010?
L'art. 31, comma 1, del Dl 78/2010 stabilisce che "a decorrere dal l° gennaio 2011, la compensazione dei crediti di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativi alle imposte erariali, e' vietata fino a concorrenza dell'importo dei debiti, di ammontare superiore a millecinquecento euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali e' scaduto il termine di pagamento".
Con la pubblicazione della Risposta n.385, l'Amministrazione finanziaria ha, però, concesso la possibilità alla società istante di poter procedere con la compensazione del credito Iva con le ritenute operate a titolo di acconto sui redditi da lavoro autonomo, in quanto l'Imu è un'imposta comunale e non erariale. Il dubbio poteva sorgere in quanto l'art.13, comma 11 del Dl 201/2011 stabilì che il 50% del gettito derivante dalla riscossione dell'Imu fosse indirizzata direttamente allo Stato; tale quadro normativo non ha, però, influito in alcun modo sulla natura del tributo che rimane comunque comunale.
Per tale motivo viene esclusa la natura erariale dell'Imu e l'inapplicabilità di quanto disposto dal citato art.31, comma 1 del 78/2010.