La Gazzetta Ufficiale della UE del 24 luglio 2020 ha pubblicato la Decisione n. 1105 del 24 luglio 2020 con la quale il Consiglio dell’Unione Europea autorizza l’Italia a continuare ad applicare il meccanismo dello split payment fino al 30 giugno 2023, in deroga agli articoli 206 e 226 della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di applicazione dell’IVA.
Come si ricorderà, già a giugno il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva comunicato l’accordo politico raggiunto in sede europea, imponendo agli operatori di continuare l’applicazione di tale regime al momento dell’emissione di fatture verso gli organi della Pubblica Amministrazione e gli altri soggetti indicati (al riguardo si veda l’articolo: “Prorogato al 30 giugno 2023 il meccanismo del cosiddetto split payment”, pubblicato da “Consulenza” il 13 luglio 2020).
Nel merito è opportuno ribadire che lo split payment è il meccanismo di scissione dei pagamenti IVA, introdotto dalla legge n.190/2014, per evitare il mancato versamento dell’IVA riscossa dal fornitore. Infatti, non è quest’ultimo che versa l’IVA ma il cliente, cioè la Pubblica Amministrazione e gli altri soggetti indicati.
Mediante il predetto meccanismo, tali particolari clienti, in relazione ai loro acquisti di beni e servizi, versano l’IVA indicata in fattura non ai loro fornitori, ma direttamente all’erario; ovviamente i fornitori riscuotono i loro corrispettivi al netto dell’IVA. Tale meccanismo non è “molto gradito” dagli operatori, specie in questo periodo di crisi causata dell’emergenza sanitaria in corso. A motivo dell’applicazione dello split payment, tali operatori potranno trovarsi in situazione creditoria, in quanto non “recuperano”, immediatamente, dall’IVA a debito, l’IVA “a monte” relativa agli acquisti da loro effettuati.
Al fine di individuare i soggetti nei confronti dei quali trova applicazione il predetto meccanismo, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha predisposto appositi elenchi, accessibili a tutti gli operatori.
Giova ricordare, al riguardo, che devono versare l’IVA relativa ai loro acquisti:
- enti pubblici economici nazionali, regionali e locali, comprese le aziende speciali e le aziende pubbliche di servizi alla persona;
- fondazioni partecipate da amministrazioni pubbliche per una percentuale complessiva del fondo di dotazione non inferiore al 70%;
- società controllate, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 2), del codice civile, direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dai Ministeri;
- società controllate direttamente o indirettamente, ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), del codice civile, dalle amministrazioni pubbliche sopra indicate;
- società partecipate, per una percentuale complessiva del capitale non inferiore al 70%, dalle amministrazioni pubbliche sopra indicate;
- società quotate inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana, identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto.
Tuttavia non sono soggette al meccanismo dello split payment le prestazioni rese dai professionisti, i cui compensi sono assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto, ai sensi dell’art. 25 del DPR n.600/1973.
Operativamente, è opportuno ricordare, il cedente o prestatore, che effettua operazioni assoggettate allo split payment, deve emettere la fattura con le modalità ordinarie e indicare il riferimento all’art. 17-ter del D.P.R. 633/72.
Nelle fatture elettroniche, occorre riportare nel campo “esigibilità IVA” il valore “S” che sta per “scissione dei pagamenti”; esse vanno registrate nell’istituito registro delle fatture, avendo cura, ovviamente, di non conteggiare l’IVA relativa in sede di determinazione dell’IVA a debito o a credito, risultante dalla liquidazione periodica mensile o trimestrale.
Per continuità operativa, facciamo presente che l’esaminata decisione del Consiglio dell’Unione Europea si applica a decorrere dal 1o luglio 2020.