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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali risponde agli Enti del Terzo Settore

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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali risponde agli Enti del Terzo Settore

giovedì, 03 settembre 2020

La Nota n. 6214 della Direzione generale del terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali pubblicata il 9 luglio 2020 fornisce risposta ai seguenti quesiti che le sono giunti con riferimento:

  • al volontariato e alla incompatibilità di esso con qualunque forma di retribuzione;
  • alla nomina degli amministratori negli Enti del Terzo Settore;
  • ai quorum assembleari necessari per l’approvazione delle modifiche statutarie.

Con riferimento al primo quesito viene esaminato l’articolo 17 comma 5 del Codice del Terzo Settore che prevede l’incompatibilità tra la posizione del volontario e ogni forma di prestazione lavorativa (sia essa subordinata o autonoma o ogni altro rapporto di lavoro) retribuita dall’ente di cui il volontario è socio, associato o tramite il quale presta attività di volontariato (una eccezione a questo principio si ha per gli operatori della Croce Rossa delle province autonome di Trento e Bolzano e a quelli della Croce bianca per la sola provincia di Bolzano, eccezione introdotta con il Decreto Legislativo 3 agosto 2018 n. 105, “Decreto Correttivo”).  Tale principio è stato ribadito anche in altri documenti, ultimo fra essi è la Nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 27 febbraio 2020 n. 2088 con la quale si specifica che l’incompatibilità opera sia per i volontari “occasionali” sia per i volontari “non occasionali” argomentando che l’incompatibilità della remunerazione con la figura del volontario serve ad assicurare la necessaria tutela del lavoratore da possibili abusi legati ad attività che non rispondono alle caratteristiche dell’azione volontaria scelta nonché è utile a valorizzare la libera scelta del volontario nell’esercitare o meno l’attività gratuita.

Giova ricordare che il volontario è colui che presta a titolo personale, spontaneo e gratuito la propria attività a favore della associazione per lo svolgimento di una o più attività di interesse generale ed ha solo il diritto al rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate secondo limiti e condizioni preventivamente stabilite dall’ente. Il Ministero afferma che anche l’attività relativa all’esercizio di una carica sociale è da considerarsi attività di volontariato in quanto essa diventa strumentale al raggiungimento dello scopo sociale dell’ente ma

  • mentre per le organizzazioni di volontariato (Odv), ai sensi dell’articolo 34 comma 2 del Codice del Terzo Settore il divieto di retribuire gli organi sociali è assoluto (con la sola esclusione dei membri dell’organo di controllo in possesso dei requisiti di cui all’art.2397 comma 2 del Codice Civile)
  • per gli Enti del Terzo Settore diversi dalle Odv, è invece possibile retribuire gli organi sociali tuttavia nel rispetto
    • sia delle disposizioni che regolano la distribuzione indiretta di utili contenute nell’articolo 8 comma 3 lettera a del Codice del Terzo Settore  
    • sia degli eventuali profili che si possono venire a creare in materia di conflitto di interesse.

Da non dimenticare inoltre che se l’attività di membro di una carica sociale è svolta a titolo gratuito, il soggetto dovrà essere iscritto nel registro dei volontari e assicurato ai sensi dell’articolo 18, comma 1 del Codice del Terzo Settore.   

Il Ministero chiarisce infine la seguente fattispecie: qualora un soggetto voglia candidarsi a membro dell’organo di amministrazione di un Ente del Terzo Settore per il quale abbia svolto o stia svolgendo un’attività retribuita, egli lo potrà fare ma, in caso di elezione, sarà necessario che nel momento in cui sarà immesso nell’incarico (ovviamente gratuito) la prestazione retribuita sarà conclusa e successivamente non ne siano commissionate altre.

Con riferimento al secondo quesito al Ministero vengono chiesti chiarimenti a proposito della nomina dei membri dell’organo di amministrazione nelle associazioni Ets ed in particolare se

  • nelle Odv tutti gli amministratori devono comunque essere eletti dall’assemblea oppure se una parte minoritaria può essere nominata da altri Ets o enti senza scopo di lucro, ma sempre fra gli associati dell’ente;
  • se tra gli “enti senza scopo di lucro” sono ricompresi gli enti pubblici avendo così modo di nominare e revocare membri dell’organismo amministrativo degli Ets.

Nel rispondere vengono esaminati i seguenti articoli del Codice del Terzo Settore: 26 comma 2 e comma 5, 34 comma 1, 25 comma 1.

Per rispondere al primo punto del presente secondo quesito preliminarmente va detto che la competenza a nominare i membri dell’organo di amministrazione è di competenza all’assemblea dei soci e la maggioranza dei componenti l’organo di amministrazione di un Ente del Terzo Settore deve essere composta da persone fisiche associate o, nelle associazioni di secondo livello (ossia dove i soci sono solo enti o comunque “miste” persone fisiche ed enti) indicate dagli enti associati.

In base all’articolo 26 comma 5 del Codice del Terzo Settore, una quota minoritaria di componenti dell’organo di amministrazione può:

  • non avere alcun legame (diretto o indiretto) con la base associativa dell’ente;
  • se presente come clausola nell’atto costitutivo o nello statuto, essere nominata con modalità “extra assembleari”, cioè 
    • da soggetti estranei alla base associativa dell’ente (purché Ets, enti senza scopo di lucro o enti religiosi civilmente riconosciuti);
    • da lavoratori o utenti dell’ente.

Eccezione a questo principio generale è il caso delle organizzazioni di volontariato (Odv) per le quali in base all’articolo 34 comma 1 del Codice del Terzo Settore, tutti i componenti dell’organo di amministrazione devono essere scelti tra le persone fisiche associate o indicate, tra i propri associati, dagli enti associati. Pertanto, per le Odv tutti gli amministratori devono appartenere, in modo diretto o indiretto, all’ente e in una Odv

  • di primo livello, tutti gli amministratori saranno eletti dall’assemblea dei soci;
  • di secondo livello (o mista), gli enti designatori dovranno comunque appartenere alla base associativa della stessa organizzazione, non essendo possibile che una minoranza di amministratori sia indicata da soggetti terzi ed inoltre i soggetti da essi indicati dovranno comunque appartenere alla propria base associativa.

Per rispondere al secondo punto del secondo quesito, il Ministero precisa che in via generale gli enti pubblici possono far parte della base associativa degli Ets e quindi anche concorrere alla nomina di uno o più amministratori ma nel caso di Odv e le Aps è necessario però rispettare la condizione che il numero degli enti pubblici associati non sia superiore al cinquanta per cento del numero rispettivamente delle Odv e delle Aps.

In ogni caso, non bisogna dimenticare che la nomina di uno più amministratori da parte di un ente pubblico non deve comunque configurare situazioni di direzione, coordinamento o controllo pena la perdita da parte della associazione della qualifica di Ets. Tale tema è stato trattato dalla Nota del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 4 marzo 2020 n. 2243 “Codice del Terzo settore. Articolo 4, comma 2. Direzione, coordinamento e controllo degli enti del Terzo settore. Prime indicazioni.”.

Passando al terzo quesito, l’obbligo dell’adeguamento dello statuto degli Enti non commerciali al Codice del Terzo Settore ha reso evidente la seguente situazione: molti statuti non prevedono quorum costitutivi della assemblea in seconda convocazione rendendo quindi possibile la delibera della assemblea qualunque sia il numero dei soci partecipanti. 

Ciò consente alle associazioni con una scarsa partecipazione dei soci alle assemblee di deliberare in modo più snello e veloce: il Ministero ne prende atto e lo ammette per le situazioni ordinarie.

Ma per una decisione straordinaria quale la modifica dello statuto, il Ministero ritiene che una delibera presa in seconda convocazione con una maggioranza che non sia quella prevista per gli enti in possesso della personalità giuridica (contenuto all’articolo 21 comma 2 del Codice Civile ossia la presenza di tre quarti dei soci ed il voto favorevole della maggioranza dei presenti) violi il requisito della democraticità in quanto l’assenza della maggior parte dei soci consente ad una minoranza di deliberare con una minore partecipazione associativa. Il Ministero si spinge ad affermare che ciò può evidenziare un segnale di impossibilità di funzionamento della associazione venendo a determinare così una causa di estinzione della associazione stessa.

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