Secondo quanto previsto dalla legge di conversione 25 giugno 2020, n. 70 del decreto giustizia [DECRETO-LEGGE 30 aprile 2020, n. 28] pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 29 giugno 2020 ed entrata in vigore il 30 giugno, dal 1° luglio 2020 ripartono le attività nelle aule dei tribunali.
Tra le varie novità introdotte dalla suddetta legge di conversione, viene individuata, in ambito civile, anche una nuova situazione in cui deve doverosamente farsi ricorso alla mediazione obbligatoria. Si tratta delle controversie tra privati nascenti dal rispetto delle misure di contenimento da covid -19, per le quali si stabilisce che il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda.
In altri termini, prima di promuovere una domanda in giudizio avente ad esempio come oggetto la responsabilità per inadempimento contrattuale causato da forza maggiore nel quadro dell’emergenza sanitaria, l’attore è tenuto a tentare la mediazione civile ai sensi del comma 1-bis dell'articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, pena l’improcedibilità della domanda.
Ma analizziamo più in dettaglio la disposizione nella sua lettera.
Si tratta del comma 6-ter che è stato aggiunto all’art. 3 del d.l. n. 6/2020 secondo cui «Nelle controversie in materia di obbligazioni contrattuali, nelle quali il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto, o comunque disposte durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19 sulla base di disposizioni successive, può essere valutato ai sensi del comma 6-bis, il preventivo esperimento del procedimento di mediazione ai sensi del comma 1-bis dell’articolo 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, costituisce condizione di procedibilità della domanda».
La disposizione suddetta dunque prevede che si deve ricorrere necessariamente alla mediazione prima di esperire la domanda in giudizio in materia di obbligazioni contrattuali nascenti dal rispetto delle misure di contenimento disposte durante l'emergenza epidemiologica da COVID-19. La norma rimanda al comma 6 bis dell’articolo 3 del D.L. n. 6/2020 in base al quale “Il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”.
Quindi, nel concreto, in quali circostanze la mediazione civile costituisce, secondo la nuova previsione della legge n. 70/2020, condizione di procedibilità della domanda giudiziale?
L’ambito di applicabilità della norma, non espressamente circostanziato, resta abbastanza dubbio e comunque esteso, ricomprendendo in verità anche situazioni in cui il ricorso alla mediazione è già doveroso di per sè.
Certamente, dovrà farsi ricorso alla mediazione in quelle azioni di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta o eccessiva onerosità causate dal rispetto delle misure di contenimento imposte dal governo. Inoltre, potrebbero rientrare nell’ambito di applicabilità della disposizione, quelle azioni giudiziarie per inadempimento contrattuale [come ad esempio mancato pagamento del canone di locazione, mancata o ritardata fornitura di merce nei termini pattuiti e circostanze simili] non direttamente provocato dal rispetto di obblighi imposti dalle norme governative che hanno disposto il restringimento, ma comunque ad esse ricollegato; tuttavia, in tal caso, l’accertamento del fatto se la materia rientri o meno nel quadro della mediazione obbligatoria, secondo la formulazione della nuova disposizione potrà scoprirsi solo quando il debitore, in occasione della propria difesa, ricondurrà, provandolo, il motivo della sua condotta al rispetto delle norme di restringimento dovute all’emergenza sanitaria. E dunque in siffatte circostanze, come può l’attore essere in grado di stabilire se deve andare prima davanti al mediatore o può direttamente rivolgersi al giudice?
E’ indubbio il fatto che l’intento del legislatore sia quello di snellire i contenzioni estendendo il più possibile anche nelle questioni sorte nel quadro della situazione di emergenza, il ricorso obbligatorio alla mediazione, pertanto si potrebbe concludere, ritenendo opportuno gestire davanti ad un mediatore qualsiasi diatriba sorta nel contesto emergenziale per la quale si intenda procedere giudizialmente, per non rischiare di vedersi dichiarata improcedibile la domanda.
La norma, pertanto, spinge, da un lato, il difensore a ricorrere comunque alla mediazione, mentre lascia, dall’altro, al giudice il compito di decidere se accogliere o meno una domanda giudiziale per una questione sorta nel contesto emergenziale per la quale la procedura di mediazione sia stata bypassata.
Restando nel contesto della mediazione, la legge di conversione prevede un’ulteriore novità; si tratta della validità del verbale di mediazione informatico. Viene infatti inserita una ulteriore lettera al comma 20 bis dell’art. 83 della LEGGE 24 aprile 2020, n. 27 con cui si stabilisce che “Il mediatore, apposta la propria sottoscrizione digitale, trasmette tramite posta elettronica certificata agli avvocati delle parti l’accordo così formato”.
In tali casi, continua la norma, l’avvocato può trasmettere all’ufficiale giudiziario la domanda di notifica dell’accordo di mediazione via PEC. Dunque, per chiedere la notificazione dell’accordo, basta inviare all’ufficiale giudiziario un messaggio di posta elettronica certificata. Ma attenzione non è un obbligo, tale scelta viene infatti rimessa al difensore che può anche decidere di procedere nei modi consueti, restando inteso che se opta per una richiesta di notifica via PEC, la stessa deve essere considerata come validamente inoltrata.
L’ufficiale giudiziario, ricevuta l’istanza dal difensore, deve estrarre dall’allegato del messaggio di posta elettronica ricevuto, le copie analogiche necessarie e procedere alla notificazione ai sensi degli articoli 137 e seguenti del codice di procedura civile, consegnando copia analogica dell’atto che lui stesso dichiara conforme all’originale ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.