Il D.L. 19 maggio 2020, n. 34, c.d. decreto Rilancio, in vigore dalla stessa data, contenente “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19”, all’art. 150 disciplina le modalità di ripetizione dell'indebito su prestazioni previdenziali e retribuzioni assoggettate a ritenute alla fonte a titolo di acconto.
Le regole
Con la questione qui in rilievo si discute del diritto del datore di lavoro (nonché sostituto d’imposta) a pretendere le somme indebitamente erogate, al lordo o al netto delle ritenute fiscali operate all’atto del pagamento.
In base alla normativa in vigore, tale restituzione dovrebbe essere operata solo al lordo delle ritenute subite secondo le modalità previste dall’art. 10, comma 1, lett. d-bis), del TUIR, secondo cui sono deducibili dal reddito complessivo “le somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti”. L'ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d'imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d'imposta successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell'imposta corrispondente all'importo non dedotto secondo modalità definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
L’indirizzo giurisprudenziale prevalente (cfr. Cass. n. 1464/2012; n. 19735/2018; n. 15755/2019) considera però che la ripetizione dell’indebito nei confronti del percettore non può che avere ad oggetto le somme che questi abbia effettivamente percepito in eccesso, non potendosi pretendere la restituzione di importi che al lordo delle ritenute fiscali mai entrate nella spera patrimoniale del percettore.
La modifica normativa ad opera nel decreto Rilancio è avvenuta con l’inserimento del comma 2-bis nell’art. 10 del TUIR, il quale prevede che la restituzione delle somme al soggetto erogatore deve avvenire al netto della ritenuta operata al momento dell’erogazione delle stesse, ferma restando la restituzione al lordo di cui alla lett. d-bis), comma 1, dell’art. 10 TUIR, nell’ipotesi in cui non sia stata applicata la ritenta.
Ai sensi del comma e dell’art. 150, D.L. n. 34/2020, al sostituto d’imposta che abbia avuto in restituzione le somme della ritenuta operata e versata, spetta un credito d'imposta pari al 30% delle somme ricevute, utilizzabile senza limite di importo in compensazione ai sensi dell'art. 17 D.Lgs. n. 241/1997. Tale credito d’imposta rileva ai fini della determinazione del reddito secondo le regole ordinaria.
La misura del 30% è calcolata considerando che su una somma lorda di 100 sia stata applicata l’aliquota corrispondente al primo scaglione di reddito, attualmente prevista nella misura del 23%, analogamente a quanto stabilito dal D.M. Finanze 5 aprile 2016, per la determinazione dell’importo rimborsabile in capo al contribuente.
Della restituzione delle somme in esame e dell’emersione del credito d'imposta dovrà essere data evidenza nella certificazione unica (CU) rilasciata dal sostituto e nella dichiarazione dei sostituti d’imposta e degli intermediati (Mod. 770).
La nuova disposizione ha effetto dal 1° gennaio 2020, ma non incide sui rapporti che già sono stati definiti al 19 maggio 2020 (data di entrata in vigore del D.L n. 34/2020), per i quali quindi non occorrerà effettuare alcun conguaglio.