Con la risposta n. 6 del 21 maggio, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il provvedimento con cui il giudice dichiara improcedibile il reclamo contro un provvedimento cautelare ex art. 669 terdecies c.p.c. per mancata notifica dello stesso alla parte reclamata, non è soggetto ad imposta di registro.
Nella fattispecie esaminata, l’improcedibilità era stata dichiarata dal giudice, perché il reclamo era diventato improponibile per decorrenza dei termini e, pertanto, a parere dell'istante, il provvedimento cautelare era diventato definitivo.
Il tribunale istante aveva, quindi, chiesto all’Agenzia delle entrate se la definitività del provvedimento cautelare fosse condizione per procedere alla tassazione del provvedimento con cui era stata dichiarata l'improcedibilità del reclamo, come stabilito nella risoluzione del 12 marzo 2014, n. 28/E riferito alla tassazione delle ordinanze di inammissibilità dell'appello ex articoli 348-bis e 348-ter del c.p.c. .
L’Amministrazione finanziaria, nel fornire risposta al quesito, ha innanzitutto ricordato il contenuto dell'articolo 669- terdecies del c.p.c., secondo cui “Contro l'ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo nel termine perentorio di quindici giorni dalla pronuncia in udienza ovvero dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. (...) Il collegio, convocate le parti, pronuncia (...) ordinanza non impugnabile con la quale conferma, modifica o revoca il provvedimento cautelare”.
Il procedimento del reclamo termina con ordinanza non impugnabile con cui si conferma, modifica o revoca la domanda cautelare.
Ora, per stabilire quale sia la corretta tassazione applicabile, ai fini dell'imposta di registro nella diversa ipotesi in cui il reclamo sia stato dichiarato dal giudice “improcedibile” per mancata notifica dello stesso alla parte reclamata, le Entrate prendono in considerazione, il combinato disposto degli articoli 37 e 8 della Tariffa, Parte prima, allegata al TUR, individuando, in tal modo, gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili che assumono rilevanza agli effetti dell'imposta di registro, in quanto “definiscono anche parzialmente il giudizio”, anche se impugnati o impugnabili.
In dettaglio, l'articolo 37, stabilisce che “Gli atti dell'autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all'imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato”.
L’articolo 8 della Tariffa, Parte I, riporta l’elenco tassativo degli atti soggetti a registrazione in termine fisso, indicando, altresì, a quanto ammonta l’imposta da versare.
Nelle circolari 22 gennaio 1986, n. 8 e 9 maggio 2001, n. 45, l’Agenzia delle entrate aveva inoltre chiarito che non tutti gli atti dell'autorità giudiziaria devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso, ma solo quelli che intervengono nel merito del giudizio, a conclusione di una controversia che si è instaurata e che il giudice è chiamato a risolvere.
Nel caso in esame, secondo quanto delineato, il giudice non era entrato nel merito del giudizio, ma, aveva solo dichiarato l'improcedibilità del reclamo, preso atto della mancata notifica dello stesso alla parte reclamata; pertanto, il giudice non aveva emanato un atto di definizione del giudizio neanche parziale. Il provvedimento, infatti, non interviene nel merito, ma dichiara l'improcedibilità del giudizio.
Per tali motivi, a parere dell’Agenzia delle Entrate, siffatto provvedimento non è soggetto a tassazione in termine fisso.