La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4426 del 20 febbraio 2020, si è nuovamente pronunciata su un caso avente ad oggetto le cosiddette case mobili. Questa volta la questione era riferita alla determinazione della rendita catastale di una struttura ricettiva; i giudici della Cassazione sono infatti stati chiamati a chiarire se i maxi caravans presenti in un campeggio a destinazione turistica rilevano nella stima della rendita catastale del complesso immobiliare in cui sono collocati.
Con la loro ordinanza la Cassazione ha risposto ad un ricorso promosso dall’Agenzia delle entrate contro le decisioni delle commissioni tributarie di merito, provinciale e regionale, che avevano accolto le motivazioni di una società contribuente cui le Entrate avevano notificato un avviso di accertamento in cui si contestava la rendita catastale dichiarata dalla contribuente, rideterminandola in misura diversa, poichè a parere dell’Agenzia delle entrate, anche i maxi caravans, presenti nel complesso immobiliare, concorrevano nella determinazione di tale rendita catastale.
I giudici tributari, in particolare di secondo grado, avevano adottato la loro pronuncia in favore della contribuente sulla scorta di alcune considerazioni:
- il caravan trova la sua definizione tra i veicoli nel Codice della Strada all'art. 56 e non è menzionato nella tabella delle categorie catastali;
- "aree" e "caravans", mantenevano nel campeggio la loro autonomia;
- i caravans non potevano dirsi posizionati permanentemente al suolo e l'allacciamento agli impianti non impediva il loro successivo spostamento, essendo dotati di ruote e di gancio di traino (come l'ampia documentazione fotografica in atti dimostrava), erano nel caso di specie oggetto di locazione finanziaria (leasing) a differenza delle aree immobiliari del campeggio di proprietà della società resistente e venivano posizionati solo durante la stagione estiva sulle piazzole ad essi destinate soddisfacendo ad "esigenze temporanee" comprovate dal fatto che diminuivano o aumentavano di numero in base alle richieste stagionali.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha considerato fondato il ricorso delle Entrate, premettendo innanzitutto che, essendo l’avviso di accertamento risalente al 2008 non doveva applicarsi al caso di specie la legge 28 dicembre 2015, n. 208, il cui art. 1, al comma 21, bensì il Regio decreto- legge del 13/04/1939, n. 652, il cui art. 4 stabilisce testualmente "Si considerano come immobili urbani i fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque materiale costituite, diversi dai fabbricati rurali. Sono considerati come costruzioni stabili anche gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente assicurati al suolo"; secondo poi, evidenzia la Cassazione nella sua decisione, in termini generali, se il gestore posiziona stabilmente su un’area un vero e proprio nucleo organizzato di case mobili, determina un’alterazione del territorio in un modo che non può ritenersi né temporaneo né precario.
Come chiarito dal Consiglio di Stato (cfr., in tal senso, Consiglio di Stato, sent. n. 1291/2016 dell'1.4.2016), quando i manufatti, che si definiscono case mobili, in quanto dotati di ruote, vengono durevolmente ancorati al suolo, all’interno dell’area del campeggio e perdono, in tal modo, il loro carattere mobile, viene meno la loro naturale precarietà che ne permette l’utilizzo in assenza di titoli edilizi all'interno di strutture ricettive turistiche. Temporanee, scrivono gli ermellini, sono esclusivamente le modalità di soggiorno dei soggetti ospitati nelle strutture, che nulla hanno in comune con la stabile presenza ed utilizzazione delle "case mobili".
La Cassazione rammenta, inoltre, che l’art. 3, comma 1, lettera e.5), del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, recante il T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, fa rientrare nelle nuove costruzioni, comportanti la trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, «l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all'aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore». In tale contesto, viene rievocata anche la pronuncia della Corte Costituzionale n. 171 del 2-6 luglio 2012, con cui è stato precisato che l’art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001 determina quali sono gli interventi che possono farsi senza alcun titolo abilitativo e tra essi non si fa menzione delle installazioni delle strutture innanzi citate.
In definitiva, quando i mezzi astrattamente mobili, vengono installati per il pernottamento dei turisti viene a modificarsi in maniera irreversibile o permanente il territorio, con la conseguenza che, in tali circostanze, per collocare tali manufatti, come per le nuove costruzioni, si ha bisogno di permesso a costruire.
L’obiettivo dell’art. 3 del Testo unico sull’edilizia, come, del resto, già chiarito dal Consiglio di Stato, è quello di “escludere la necessità di titoli edilizi per la collocazione temporanea di strutture mobili destinate ad abitazione, come le roulotte, i camper o anche le case mobili, da parte dei turisti che utilizzano tali mezzi per muoversi da una struttura all’altra e si avvalgono poi dei diversi servizi messi a loro disposizione dai gestori delle strutture ricettive”. In dettaglio, le norme tese ad accordare la libera sistemazione all’interno delle strutture ricettive di strutture mobili (come le “case” su ruote) “è volta chiaramente a favorire l'occupazione transitoria del suolo, in particolare da parte dei turisti che utilizzano tali mezzi muovendosi da una struttura all’altra, e non anche a favorire la realizzazione, in assenza di titoli edilizi, di strutture stabili equiparabili a quelle di tipo alberghiero”.
Sulla scorta delle considerazioni sin qui sintetizzate, i giudici della Cassazione in occasione del caso in esame, hanno dunque enunciato il seguente principio di diritto: “Nell’ambito di strutture turistico-ricettive all’aperto (campeggi, villaggi turistici), l’installazione stabile di mezzi (teoricamente) mobili di pernottamento, quali i maxi caravan, determina una trasformazione irreversibile o permanente del territorio e, dunque, incide nel processo valutativo della rendita catastale, non potendo ritenersi che gli stessi soddisfino un bisogno oggettivamente provvisorio”.