Il finanziamento delle forme pensionistiche complementari negoziali per i lavoratori privati e pubblici si realizza mediante contribuzioni a carico del lavoratore e del datore di lavoro e mediante il conferimento del TFR maturando: tutti e due formano la posizione individuale del lavoratore. Per i dipendenti pubblici, il TFR non viene periodicamente trasferito al fondo, ma entra nella disponibilità dello stesso al termine del rapporto di lavoro dell’interessato.
La legge prevede nei casi in cui vengono meno i requisiti di iscrizione al fondo l’interessato può trasferire le somme a un altro fondo complementare in relazione alla nuova attività, o a un fondo aperto, o riscattare la posizione individuale. In questo ultimo caso il lavoratore riceverà l’ammontare della posizione individuale maturata nel periodo di adesione al fondo, costituita dai contributi versati da lui stesso e dal datore di lavoro e dal TFR trasferito al fondo.
Il trattamento tributario di tale provento fu inizialmente disciplinato in modo uniforme per i dipendenti pubblici e privati. Ma con il D.Lgs. n. 252/2005 i regimi tributari sono stati differenziati. Il nuovo regime impositivo prevede che la prestazione erogata dal fondo pensione venga tassata con una ritenuta a titolo d’imposta e in maniera distinta rispetto agli altri redditi del percipiente e senza concorrere a determinarne il reddito complessivo.
Ma questo trattamento di favore non si applica a tutti gli aderenti a forme pensionistiche complementari, perché le varie leggi delega hanno confermato che ai dipendenti pubblici dovesse applicarsi esclusivamente e integralmente la previgente normativa.
La individuazione della specifica disciplina applicabile avviene, quindi, in ragione della natura del rapporto di lavoro dell’aderente a una forma di previdenza complementare e, precisamente, a seconda che egli dipenda da un’Amministrazione pubblica o da un datore di lavoro privato. Con il risultato che il fisco viene applicato in modo differente a seconda che il lavoratore dipenda da un’Amministrazione pubblica o da un datore di lavoro privato. E, secondo la Corte costituzionale non ci sono elementi che giustifichino ragionevolmente una disomogeneità del trattamento fiscale agevolativo. Tanto è vero che lo stesso legislatore (legge n. 205/2017) ha successivamente provveduto – ma non sulle somme delle prestazioni accumulate fino al 1° gennaio 2018 – a ristabilire una situazione di omogeneità di trattamento.
Da ciò si conferma che la peculiare modalità di gestione del TFR pubblico, mediante un accantonamento virtuale in costanza di rapporto di lavoro, non è idonea a differenziare dal punto di vista funzionale la posizione individuale maturata in un fondo pensione da un dipendente pubblico rispetto a quella maturata da un dipendente privato e perciò a giustificare un differente regime tributario del riscatto della contribuzione.
Ne deriva che è illegittimo l’art. 23, comma 6, del D.Lgs. n. 252/2005, che assoggetta il riscatto a un metodo IRPEF penalizzante.
Ora dovremo attendere le disposizioni di Governo e Parlamento per pareggiare i conti, compreso il passato.