Con il Messaggio n. 3359 del 17 settembre 2019 l’INPS ha fornito chiarimenti, al fine di assicurare uniformità di comportamento dei soggetti coinvolti, circa la compatibilità tra le cariche sociali e l'instaurazione, tra la società e la persona fisica che l'amministra, di un autonomo e diverso rapporto di lavoro subordinato.
Per individuare i criteri cui attenersi al fine di valutare la compatibilità dell’amministratore con lo status di lavoratore dipendente, l'INPS fa un richiamo alla circolare numero 179 del 08/08/1989 e ai principi già espressi dalla Corte di Cassazione, la quale, fin dagli anni '90, sosteneva che l'incarico di amministratore in una società di capitali non escludesse astrattamente la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato (fatte salve alcune eccezioni). Secondo la Suprema Corte (cfr. Cass. sent. n. 18476/2014 e n. 24972/2013) l’essere organo di una persona giuridica di per sé non osta alla possibilità di configurare tra la persona giuridica stessa ed il suddetto organo un rapporto di lavoro subordinato quando in tale rapporto sussistano le caratteristiche dell’assoggettamento, nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione dell’ente.
Possiamo quindi dedurre che la carica di presidente non è incompatibile con lo status di lavoratore subordinato poiché anche il presidente di società, al pari di qualsiasi membro del consiglio di amministrazione, può essere soggetto alle direttive, alle decisioni ed al controllo dell’organo collegiale (cfr. Cass. n. 11978/2004, n. 1793/1996 e n. 18414/2013).
Per quanto riguarda invece la carica di amministratore delegato, l'INPS fa presente che la portata della delega conferita dal consiglio di amministrazione sarà rilevante ai fini della valutazione sulla compatibilità o meno della carica con lo status di lavoratore dipendente: se vi sono ampi poteri e quindi può agire senza il consenso del consiglio di amministrazione non potrà essere anche dipendente, se invece ha solo poteri di rappresentanza potrà essere al contempo anche lavoratore subordinato.
E' da escludersi questa possibilità, invece, laddove si abbiano un amministratore unico o un socio unico: il primo in quanto, essendo detentore del potere di esprimere da solo la volontà propria dell'ente sociale, come anche i poteri di comando e di disciplina, non può essere un dipendente; il secondo in quanto la concentrazione della proprietà delle azioni nelle mani di una sola persona esclude l’effettiva soggezione del socio unico alle direttive di un organo societario.
Per valutare la compatibilità dello status di amministratore di società di capitali con lo svolgimento di attività di lavoro subordinato si presuppone, dunque, l'accertamento in concreto, caso per caso, della sussistenza di tali condizioni:
- il potere deliberativo deve essere affidato all'organo collegiale di amministrazione;
- deve sussistere il vincolo della subordinazione, nonostante la carica sociale, all'effettivo potere di supremazia gerarchica (potere direttivo, organizzativo, disciplinare, di vigilanza e controllo) di un altro soggetto ovvero degli altri componenti dell'organismo sociale a cui appartiene;
- il soggetto deve svolgere, in concreto, mansioni estranee al rapporto organico con la società; in particolare, deve trattarsi di attività che esulino e che pertanto non siano ricomprese nei poteri di gestione che discendono dalla carica ricoperta o dalle deleghe che gli siano state conferite.