L’INPS conferma che la domanda presentata dai lavoratori che hanno svolto lavori particolarmente faticosi e pesanti può essere accolta dagli uffici anche se ai contributi versati in qualità di lavoratori dipendenti del settore privato aggiungono parte di contributi versati come lavoratori autonomi. Ad esempio, un dipendente che per qualche anno è stato artigiano o commerciante e come tale è stato iscritto alla gestione speciale dei lavoratori autonomi, e proprio in virtù di tale contribuzione riesce a raggiungere il diritto alla pensione di anzianità.
Tutto ciò va bene, ma occorre mettere in conto anche il cosiddetto rovescio della medaglia. Vale a dire: le regole di calcolo della pensione saranno quelle proprie del lavoro autonomo e non del lavoro subordinato. Con un risvolto negativo: la quota da raggiungere è quella dei lavoratori dipendenti che è di una unità superiore a quella degli autonomi, risultante da un anno in più di età anagrafica. Che significa dal punto di vista pratico? Nel 2020 la quota dei lavoratori dipendenti è 97,6 da raggiungere con un’età minima di 61 anni + 7 mesi; per i lavoratori autonomi la quota sale a 98,6, da raggiungere con un’età minima di 62 anni + 7 mesi. Come si vede un intero anno in più.
Per i lavori notturni a turni le quote dei lavoratori autonomi (rectius: delle pensioni liquidate a carico di una gestione autonoma anche se la domanda viene presentata da un lavoratore dipendente) salgono a 99,6 (età minima 63 anni + 7 mesi) se il lavoro è stato svolto da 72 a 77 notti e a 100,6 (età minima 64 anni + 7 mesi) per i lavori svolti da 64 a 71 notti.