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E’ reato creare un account per vendere online utilizzando i dati di un’altra persona

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E’ reato creare un account per vendere online utilizzando i dati di un’altra persona

lunedì, 25 febbraio 2019

Si configura il reato di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p., quando, per procurarsi un vantaggio, ci si sostituisce illegittimamente ad un altro soggetto, creando un account di vendita su una piattaforma di commercio elettronico intestato ad un soggetto diverso dalla persona che agisce e collegando allo stesso account la carta prepagata anch’essa intestata ad altro soggetto, anche se l’operazione avviene con il consenso del titolare dell’identità dichiarata, in quanto si inducono in errore gli utenti che accedono al sito.

Così si è espressa la Cassazione con la sentenza n. 7808/2019, convalidando la decisione dei giudici di merito di Messina che avevano condannato per il reato di cui all’art. 494 c.p. l’imputato, il quale, aprendo un account sul portale di vendita "e_Bay" aveva utilizzato i dati personali e la carta prepagata del suo socio. L’imputato, nel suo ricorso in Cassazione avverso la sentenza di merito, sosteneva che nessuna sostituzione di persona poteva dirsi da lui essere stata commessa, in quanto le operazioni erano state compiute con il consenso del socio e pertanto nemmeno poteva dirsi verificata l’induzione in errore che gli veniva contestata nei confronti degli utenti di "e_Bay", poichè non poteva ritenersi integrato l'elemento soggettivo del dolo specifico necessario per il configurarsi della fattispecie di reato contestatagli, considerando che egli non aveva agito al fine di recare danni al socio, né questi ne aveva subiti.

 

In altri termini, il reo sosteneva di non aver adoperato i dati altrui indebitamente, ma di essersi limitato ad un ruolo meramente tecnico, supportando un soggetto, il socio, da un punto di vista operativo, in quanto non era in grado di svolgere autonomamente le operazioni sulla piattaforma, quindi concludeva che il consenso dell'intestatario ufficiale dell'account scriminerebbe la fattispecie criminosa. Affermava inoltre che il reato non poteva essersi concretizzato, posto che non ne era conseguito alcun danno né alcuna induzione in errore per i potenziali acquirenti che, non conoscendo il nome del socio, giammai avrebbero potuto fare particolare affidamento sull’oscuro interlocutore; né tanto meno vi era stato un danno per quest’ultimo perchè il danno poteva al più configurarsi nei confronti della piattaforma e dei suoi utenti e non certo del socio, che non aveva speso alcuna somma, né l'imputato aveva agito al fine di recargli un danno.


Il rigetto del ricorso d parte della Cassazione


La Cassazione, però nel rigettare il ricorso dell’imputato, ha precisato che l’art. 494 c.p. che punisce chi, al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio, o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a sè o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è certamente applicabile al caso di specie, nel quale era chiaramente emerso che l'imputato, non potendo figurare quale intestatario di un account, in quanto gli era stato negato l'accesso da parte di "e_Bay", ne avesse aperto uno nuovo utilizzando le generalità del socio, sostituendosi a questi nell'effettuare diverse operazioni attraverso di esso; il fatto che il suo comportamento inducesse in errore, dicono i giudici di legittimità, è in re ipsa, dal momento che coloro che si interfacciavano sul sito avevano necessariamente ritenuto di avere come interlocutore un soggetto diverso da quello reale; in relazione al danno effettivo, in verità, continuano i giudici, la norma ne richiede la concretizzazione in via alternativa: il fine di recar danno ovvero quello di conseguire un vantaggio, ragion per cui non era affatto necessario provare che l'imputato avesse agito al fine di recare danno agli utenti di "e_Bay", né tanto meno al socio, bastando per il compiersi della fattispecie che il reo si sostituisca ad altro soggetto utilizzandone il nome per conseguire un vantaggio personale, trattandosi di ipotesi alternative, vantaggio che non deve necessariamente essere di natura personale, può infatti ben trattarsi di una qualunque opportunità meritevole di interesse giuridico (nel caso di specie, rilevano i giudici, senz'altro fondata, in quanto in altro modo, l'imputato non avrebbe potuto agire sul portale).

 

Il dolo specifico, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai pacificamente accettato, per la concretizzazione della fattispecie di cui all’art. 494 c.p. consta nel "fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio patrimoniale o non patrimoniale o di recare ad altri un danno". (tra le altre, Sez. 5, Sentenza n. 41012 del 26/05/2014).

 

Nemmeno vale, sostengono i giudici, la scriminante del consenso originario dell’intestatario dei dati e della carta prepagata, poichè il reato, si perfeziona nel momento in cui il soggetto si sostituisce ad altro o usa false generalità, a nulla potendo rilevare né l'eventuale accordo con il titolare delle generalità, né i motivi soggiacenti, poiché il fine della norma è evitare una simulazione nei rapporti tra le persone, idonea a trarre in inganno, con lo scopo di ottenere un vantaggio o recare ad altri un danno; il consenso piuttosto, in circostanze simili, concludono, potrebbe essere vagliato ai fini della valutazione sulla sussistenza del concorso da parte dell’intestatario ufficiale nel reato di sostituzione di persona.

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