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Assegno invalidità INPS, se si lavora il taglio raddoppia

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Assegno invalidità INPS, se si lavora il taglio raddoppia

venerdì, 28 dicembre 2018

Avere un assegno di invalidità e continuare a lavorare producendo reddito comporta forti tagli alla prestazione INPS: l’assegno è letteralmente massacrato dai tagli. Non ne basta uno solo, in alcuni casi ce ne sono due:

  1. il primo legato alla misura della pensione;
  2. il secondo alla misura del reddito.

A seconda del reddito il secondo taglio diventa il primo e il primo passa al secondo posto, in un groviglio di norme difficili da tenere a mente. Con un risultato finale che comunque la metti è pesante: si perde oltre la metà dell’assegno.

Per seguire l’arzigogolata trama dei tagli partiamo dalla trattenuta che in ogni caso è sempre applicata e che è legata alla misura dell’assegno INPS. Vediamo la situazione sulla base delle cifre valide per il 2018.

  1. Se l’assegno non supera il trattamento minimo, che è 507,42 euro, la prestazione è salva, a meno che il reddito faccia perdere o riduca l’eventuale integrazione al minimo.
  2. Se ha una rata più alta scatta il taglio, diverso a seconda della natura del lavoro.
    1. Lavoro subordinato = si perde il 50% della parte che eccede il trattamento minimo. 
    2. Lavoro autonomo = si perde il 30% della quota di assegno superiore al minimo, rispettando però una clausola di salvaguardia: il taglio non può superare il 30% del reddito.
      Perciò chi ha una prestazione di 1.000 euro lordi mensili perde 250 euro se lavora come dipendente e 150 euro se lavora come autonomo.
  3. Il secondo taglio si presenta quando il reddito di lavoro dipendente o autonomo supera grosso modo i 26.386 euro annui. In questa ipotesi scatta una nuova serie di tagli. Da 26.386 euro/anno in poi la riduzione è del 25%, poi sale al 40% e schizza al 50% se dal lavoro si ricavano più di 32.982 euro. 

Per capire meglio ricorriamo a due ipotesi riferite a chi lavora come dipendente. 

  1. Primo caso: reddito da lavoro dipendente non superiore a 26.386 euro/anno. Si applica solo la prima trattenuta, vale a dire il 50% della quota di pensione superiore al minimo. 
  2. Secondo caso: reddito da lavoro superiore a 26.386 euro/anno. In questo caso la trattenuta del 25% o del 40% o del 50% da seconda diventa prima e, se dopo questa prima tosatura, resta un importo di assegno superiore alla pensione minima di 507,42 euro, su questa eccedenza si abbatte l’ulteriore taglio del 50%.

Traduciamo in pratica, parlando di un assegno di 1.500 euro/mese e un reddito di lavoro dipendente di 33.000 euro/anno. Si inizia con il taglio 50% su tutto l’assegno, pari a 750 euro. Sulla somma di 242,58 euro (è l’eccedenza rimasta rispetto alla pensione minima) opera l’altro 50% di taglio, pari a 121,29 euro. Conclusione: taglio completo di circa 872 euro, pari al 58% dell’assegno. Se vi pare poco!

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