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Pensioni: con il part-time l’anzianità contributiva è salva

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Pensioni: con il part-time l’anzianità contributiva è salva

mercoledì, 28 novembre 2018

Non tutti i lavori vengono svolti a tempo pieno. Spesso si lavora in modo ridotto, qualche volta scelto per esigenze personali, ma in linea di massima per imposizione dell’azienda. Ebbene, il part-time oltre a ridurre la busta paga può avere conseguenze negative anche per la pensione.

Andiamo per ordine e vediamo innanzitutto quanti tipi di lavoro parziale esistono (dal punto di vista operativo avendo la legge eliminato queste distinzioni):

  1. Orizzontale: si lavora ogni settimana con orario ridotto, caso mai a giorni alterni.
  2. Verticale: si lavora una settimana si e una no; oppure un mese si e in mese no.
  3. Misto: si lavora alternando il part-time orizzontale con quello verticale. 

Questo sistema di part-time ha riflessi negativi sulla pensione. Innanzitutto perché con il lavoro parziale si guadagna di meno, si versano meno contributi e quindi si avrà una pensione ridotta.

La situazione è negativa in modo particolare nel caso di part-time verticale perché ci sono periodi di mancato lavoro (una settimana, un mese, tre mesi, ecc.) e quindi periodi senza copertura contributiva. Ma in questi giorni la Corte di cassazione ha preso una decisione in senso favorevole agli interessati, annullando le disposizioni  contrarie dell’INPS. 

  1. Secondo l’INPS i periodi non lavorati  riducono il numero dei contributi.
  2. Secondo la Cassazione invece  non incidono sul numero dei contributi. Ciò significa che un lavoro part-time verticale, riferito a un anno intero, viene svolto ad esempio per sei mesi, dall’INPS deve essere calcolato in pensione come un intero anno di anzianità. In sostanza come se fossero stati lavorati tutti i 12 mesi.

A questo punto però è bene ricordare  che i periodi di part-time devono rispettare il cosiddetto minimale retributivo, vale a dire la consistenza della retribuzione non deve scendere sotto una certa soglia che si modifica ogni anno.

Vediamo la situazione attuale. Retribuzione minima:

  1. settimanale: 202,97euro;
  2. annua: 10.554,44 euro.

Con retribuzioni inferiori l’INPS riduce in proporzione il numero delle settimane utili a pensione. E questo è un principio di carattere generale, applicato anche al lavoro svolto full-time.

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