Ai servizi e alle misure di politica attiva del lavoro, erogati dai centri per l’impiego, hanno diritto di accesso i cittadini non comunitari, regolarmente soggiornanti e titolari di un permesso di soggiorno che consente l’esercizio di un’attività lavorativa. Il diritto è riconosciuto anche ai cittadini stranieri in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno. Il diritto è subordinato al requisito della residenza, vale a dire l’iscrizione del soggetto nelle liste anagrafiche della popolazione di un determinato comune. I lavoratori stranieri, titolari di un permesso di soggiorno per lavoro subordinato, che hanno perso il lavoro, anche per dimissioni, possono dichiarare lo stato di disoccupazione e avere i servizi dei centri per l’impiego per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore a un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito se superiore.
Esaurito questo termine, l’eventuale successivo rinnovo del permesso di soggiorno è riconosciuto a condizione che il lavoratore straniero dimostri un reddito minimo annuo di 5.889 euro (reddito annuo dell’assegno sociale INPS).
Ma come si deve intendere il concetto di residenza quando si tratta di un richiedente protezione internazionale, generalmente ospitato in un centro di accoglienza. Per il Ministero del lavoro non ci sono problemi: la residenza anagrafica, cioè in questa ipotesi il luogo di dimora abituale, della persona è quella presso i centri o le strutture di accoglienza.
In linea con queste indicazioni l’INPS ha aggiornato il software UniEmens per accogliere i flussi individuali trasmessi con codice fiscale numerico provvisorio. Per effetto di tale modifica, i datori di lavori possono trasmettere le denunce individuali direttamente con il codice fiscale numerico provvisorio assegnato ai richiedenti protezione internazionale.