E’ legittimo il sequestro dei computer della società commerciale, se i programmi per elaboratore in essi installati sono privi di licenza d’uso. Questo è quanto affermato dalla Cassazione che con sentenza n. 30047/2018 ha respinto il ricorso di un’impresa avverso la decisione di rigetto di un’istanza di riesame da essa promossa contro il decreto di convalida del sequestro probatorio del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Cassino relativamente agli hard disk di 13 computer, contenenti software illecitamente detenuti e duplicati, relativamente al reato di cui all'art. 171 bis della legge n. 633/1941. In sostanza, su sei dei tredici computer aziendali risultava installato Windows, mentre su tutti i computer erano presenti programmi come Audotcad o Catia, tutti privi delle relative licenze d'uso.
Secondo la società ricorrente, l’ordinanza di convalida del sequestro era illegittima, in quanto nell’utilizzo dei software, benchè privi di licenza, doveva ritenersi assente la finalità commerciale o imprenditoriale richiesta dalla normativa perché si configuri l’ipotesi di reato di cui all’art. 171 bis legge n. 633/41, ragion per cui nel caso di specie non poteva ipotizzarsi il verificarsi del reato suddetto, in quanto la mera detenzione di software illecitamente riprodotti costituisce condotta penalmente rilevante solo laddove emerga la finalità di profitto costituente la ratio dell'accusa e detta detenzione sia effettuata con finalità commerciali. A parere della ricorrente, al fine di individuare gli elementi indizianti circa la destinazione a scopo commerciale dei programmi detenuti illegittimamente, occorre valutare l'attività commerciale svolta: non facendo l’azienda un uso commerciale dei software, in quanto non svolgeva alcuna attività diretta alla vendita degli stessi, né li utilizzava direttamente in favore dei clienti, non poteva dirsi che traesse profitto proprio dall’impiego dei software.
Di tutt’altro parere i giudici di legittimità che, rigettando il ricorso, hanno ribadito che «Ai fini dell'integrazione del reato previsto dall'art. 171-bis legge 22 aprile 1941, n. 633, sono tutelati dal diritto d'autore, quale risultato di creazione intellettuale, i programmi per elaboratore elettronico, intesi come un complesso di informazioni o istruzioni idonee a far eseguire al sistema informatico determinate operazioni, che siano completamente nuovi o forniscano un apporto innovativo nel settore, esprimendo soluzioni migliori o diverse da quelle preesistenti» (Sez. 3, n. 8011 del 25/01/2012 - dep. 01/03/2012, Sterpilla e altri, Rv. 25275601), sottolineando che "Sussiste continuità normativa tra il reato di cui all'art. 171 bis della legge 22 aprile 1941 n. 633 (introdotto dall'art. 10 del D.L.G. 29 dicembre 1992 n. 518), che sanzionava la detenzione a scopo commerciale, per fini di lucro, di copie abusivamente duplicate di programmi per elaboratori, e l'art. 13 della legge 18 agosto 2000 n. 248, che punisce chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o, ai medesimi fini, importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale i detti programmi privi del contrassegno della SIAE, atteso che non vi è stato un ampliamento della tutela penale, configurando le variazioni lessicali apportate soltanto una corretta specificazione del campo di applicazione della disposizione".
La Corte, a suo tempo, aveva già chiarito che la sostituzione della locuzione "scopo di lucro" con "scopo di profitto" risulta solo finalizzata a superare le questioni interpretative connesse ad ipotesi di vantaggio non immediatamente patrimoniale, così come l'espressione "detenzione per scopo commerciale" bypassata da quella "detenzione per scopo commerciale o imprenditoriale" chiarisce l'ambito della tutela di cui al D.L.G. n. 518 del 1992, che ha introdotto il citato art. 171 bis - (Cass. Sez. 3, n. 33896 del 28/06/2001).
Anche se è vero che nelle ipotesi di uso di software nell'ambito di un'attività libero professionale è stato escluso il reato da parte della giurisprudenza della Cassazione sul rilievo che "Non integra il reato di cui all'art. 171 bis, comma primo, L. 27 aprile 1941, n. 633, la detenzione ed utilizzazione, nell'ambito di un'attività libero professionale, di programmi per elaboratore privi di contrassegno SIAE, non rientrando tale attività in quella "commerciale o imprenditoriale" prevista dalla fattispecie incriminatrice", ciò non accade quando diversamente una società opera in ambito commerciale o imprenditoriale, come quella nel caso di specie che svolgeva attività di progettazione meccanica ed elettronica nel settore auto motive (In motivazione la Corte ha precisato che non può farsi riferimento all'estensione analogica poichè vietata ex art. 14 Preleggi, risolvendosi in un'applicazione "in malam partem") - Cass. Sez. 3, n. 49385 del 22/10/2009 - dep. 22/12/2009, Bazzoli, Rv. 24501.
Ragion per cui, la Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto: «Mentre non integra il reato di cui all'art. 171 bis, comma primo, L. 27 aprile 1941, n. 633, la detenzione ed utilizzazione, nell'ambito di un'attività libero professionale, di programmi per elaboratore privi di contrassegno SIAE, non rientrando tale attività in quella "commerciale o imprenditoriale" contemplata dalla fattispecie incriminatrice (l'estensione analogica non sarebbe possibile in quanto vietata ex art. 14 Preleggi, risolvendosi in un'applicazione "in malam partem"), la stessa detenzione ed utilizzazione di programmi software (nella specie Windows, e programmi di grafica, Autocad o Catia) nel campo commerciale o industriale (nella specie, esercente attività di progettazione meccanica ed elettronica nel settore auto motive) integra il reato in oggetto, con la possibilità del sequestro per l'accertamento della duplicazione».

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Se a deternerli è la società commerciale è legittimo il sequestro dei pc aziendali su cui sono installati software privi di licenza d'uso
lunedì, 03 settembre 2018