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Il professionista può scomputare la ritenuta d'acconto subita anche in mancanza della certificazione

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Il professionista può scomputare la ritenuta d'acconto subita anche in mancanza della certificazione

giovedì, 19 luglio 2018

La Corte di Cassazione, con Sentenza n. 18910 del 17 luglio 2018, ha precisato che è possibile scomputare la ritenuta d'acconto subita, anche nel caso in cui il sostituto d'imposta non abbia fornito al contribuente la relativa certificazione. La Sentenza rileva che "già secondo risalenti pronunce della Corte, l'inosservanza dell'obbligo del sostituto d'imposta di inviare tempestivamente la certificazione attestante le ritenute operate non toglie al contribuente il diritto di provare la reale entità della base imponibile, evitando la duplicazione di un imposizione già scontata alla fonte (Cass. 4 agosto 1994, n. 7251). Ancor prima, la Corte ha affermato che il contribuente non può essere assoggettato di nuovo all'imposta solo perchè chi ha operato la ritenuta non voglia consegnarli l'attestato da esibire al fisco (Cass. 3 luglio 1979, n. 3725)".

E' proprio sul concetto di "diritto a provare" che si basa la Risoluzione 68/2009 dell'Agenzia delle Entrate citata nella sentenza, secondo cui il contribuente è legittimato allo scomputo della ritenuta subita purchè lo stesso sia in grado di provare con "mezzi equivalenti" l'effettivo assoggettamento. Per mezzi equivalenti si intendono il documento fiscale emesso e la relativa documentazione a supporto, quali il documento bancario che comprova l'effettivo incasso al netto della ritenuta.

In sede di controllo ex art. 36-ter Dpr 600/73 il documento fiscale emesso e la documentazione ad esso collegato dovrà essere supportato da una dichiarazione sostitutiva di atto notorio ex art. 47 dpr 445/2000, attestante l'importo incassato sulla base delle fatture o parcelle regolarmente contabilizzate. L'insieme di tali documenti assume valore probatorio equipollente rispetto a quello della certificazione rilasciata dal sostituto d'imposta.

Si ricorda che

Nel caso di redditi da lavoro autonomo rientrano nella base imponibile, oltre ai compensi professionali, anche i rimborsi a piè di lista per le spese di viaggio, vitto e alloggio nonché tutte le spese documentate anticipate dal professionista e rimborsate dal committente, anche se le fatture risultano intestate, oltre che al professionista, anche al committente nell'interesse del quale sono state sostenute.

Inoltre, è soggetto a ritenuta il contributo Inps addebitato al cliente (4%) da parte di lavoratori autonomi iscritti alla gestione separata Inps.

Non sono soggetti a ritenuta d'acconto:

  • i contributi previdenziali e assistenziali previsti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde
  • l'eventuale addebito in via di rivalsa del contributo per la cassa nazionale dell'ordine professionale (ad esempio, 4% per i dottori commercialisti)
  • le somme ricevute a titolo di rimborso spese anticipate, in nome e per conto del cliente, a condizione che non costituiscano spese inerenti alla produzione del reddito di lavoro autonomo e che siano debitamente e analiticamente documentate.

L'Agenzia delle Entrate specifica che "Riguardo ai redditi derivanti dalla cessione di diritti d’autore e ai diritti per opere d’ingegno, il reddito imponibile è dato dall'ammontare dei compensi, in denaro o in natura, percepiti nel periodo d'imposta ridotto del 25% a titolo di deduzione forfetaria delle spese sostenute (importo elevato al 40% se i compensi sono percepiti da soggetti di età inferiore a 35 anni)".

Le ritenute corrisposte devono essere certificate da parte dei soggetti che le hanno effettuate (sostituti d'imposta). La certificazione deve indicare:

  • l'ammontare complessivo delle somme e dei valori corrisposti
  • l'ammontare delle ritenute operate, delle detrazioni di imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali
  • eventuali altri dati non obbligatori come ad esempio il contributo professionale o l’Iva.
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