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Trattamento di dati sensibili nelle riprese giornalistiche: non basta l’atteggiamento tenuto dall’interessato al momento della videoripresa a provare il consenso

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Trattamento di dati sensibili nelle riprese giornalistiche: non basta l’atteggiamento tenuto dall’interessato al momento della videoripresa a provare il consenso

lunedì, 25 giugno 2018

Viola la privacy la videoripresa che, avendo ad oggetto il trattamento di dati sensibili, viene trasmessa o comunque diffusa senza il consenso informato e inequivocabile dell’interessato.

 

Così si è espressa la Cassazione (ordinanza n. 16358 del 21 giugno 2018) in un caso in cui una nota trasmissione giornalistica aveva carpito informazioni ad un imprenditore sulla sua sfera sessuale mediante stratagemmi, senza informarlo preventivamente che si trattasse di una videoripresa e senza chiedergli il necessario consenso. La trasmissione si è difesa affermando che dal contegno assunto dall’imprenditore nella videoripresa poteva evidentemente rilevarsi che lo stesso fosse consapevole che si trattasse di un’intervista, accettando il gioco e non opponendosi alla pubblicazione e diffusione di quanto registrato; bastava pertanto tale atteggiamento a valere quale consenso nelle forme richieste dalla norma.

 

La Cassazione, tuttavia, confermando tra l’altro quanto argomentato dai giudici di merito, ha chiarito che la videoripresa così come architettata consisteva in un vero e proprio trattamento di dati personali e sensibili e pertanto l’applicazione della normativa sul diritto d’autore con specifico riferimento alle disposizioni sul ritratto (art. 96 L. n. 633/41), richiamata quale legge speciale dalla difesa della trasmissione, non poteva ritenersi riferibile al caso di specie, poichè le disposizioni applicabili erano in realtà quelle sul trattamento dei dati personali, in quanto non si trattava di una mera riproduzione dell’immagine del soggetto, bensì della registrazione audio video di un incontro artatamente organizzato, con caratteristiche di tempo e luogo ben definite, al fine di carpire informazioni sensibili che sarebbero state poi utilizzate per realizzare una trasmissione televisiva e diffuse nell’ambito della stessa. Pertanto, dicono i giudici, il consenso espresso e consapevole andava richiesto e ottenuto prima, informando sui limiti di tempo, luogo, scopo e forma della pubblicazione, alla luce della normativa applicata. Il fatto che dalla video ripresa si evinca che l’interessato abbia riconosciuto i giornalisti e che non si sia opposto alla situazione creata, non basta a provare che il consenso sia stato adeguatamente richiesto e ottenuto.
La normativa privacy, infatti, è chiara sul punto: perché il trattamento di dati sensibili (con il GDPR definiti categorie particolari di dati, ma il caso si riferisce alla L. n. 675/1996) tra cui rientrano anche quelli riferiti alla vita sessuale di un soggetto, sia legittimo, è necessario il consenso libero, specifico, informato, espresso e consapevole dell’interessato; «il consenso – dicono i giudici - che non si limita ad una formalità, deve consentire di identificare i limiti di tempo, luogo, scopo e forma della pubblicazione» con un evidente richiamo a quanto stabilito in tema di informazione dall’art.10, comma 1, lett. a) della L. n. 675; per il caso di specie il consenso «da esprimersi nelle forme ora dette, è pacificamente mancato».
Quando si parla di forme nelle quali il consenso deve esprimersi ci si riferisce, oltre che alla verificabilità richiesta per il trattamento dei dati sensibili, al complesso procedimento attraverso il quale si deve formare ed esprimere il “consenso informato” e i giudici nel caso di specie ne hanno escluso la sussistenza.

Per trattare e diffondere dati sensibili, informativa e consenso devono essere opportunamente resi prima del trattamento del dato e questo vale anche in ambito giornalistico. Si ricorda che il consenso non deve necessariamente essere richiesto per iscritto e ciò vale anche per la normativa vigente; il Regolamento n. 679/2016 (GDPR), infatti, al considerando n. 30, ammette la forma orale o anche un comportamento per manifestare il consenso, ma deve trattarsi di un atto positivo, una dichiarazione o una condotta che manifesti inequivocabilmente che l’interessato accetta il trattamento proposto, esprimendo l’intenzione libera, specifica, informata e inequivocabile di accettarlo e in ogni caso dello stesso consenso deve restare traccia. Non vale pertanto quanto compiuto nel caso di specie dalla trasmissione che, rovesciando l'obbligo informativo, abbia assunto che l’interessato avrebbe inteso tutto autonomamente, provandolo attraverso il suo atteggiamento.

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