Il fatto
La corte d’appello di Roma è stata chiamata a pronunciarsi sull’impugnazione proposta da un Condominio, in persona del suo amministratore, avverso la sentenza con cui il giudice di primo grado (Trib. Roma sent. n. 1497/2020) aveva annullato una delibera assembleare sul presupposto della violazione della clausola regolamentare che vietava un numero di deleghe a partecipare in assemblea superiore a tre. Secondo il Tribunale, infatti, la partecipazione all'assemblea condominiale di un rappresentante fornito di un numero di deleghe superiore a quello consentito dal regolamento di condominio, comportando un vizio nel procedimento di formazione della relativa delibera, avrebbe dato luogo ad un'ipotesi di annullabilità della stessa, senza che potesse rilevare il carattere determinante o meno del voto espresso dal delegato per il raggiungimento della maggioranza occorrente per l'approvazione della deliberazione stessa; nel ritenere ciò, il giudice di prime cure si riportava ad un principio affermato in sede di legittimità secondo il quale «la clausola del regolamento di condominio volta a limitare il potere dei condomini di farsi rappresentare nelle assemblee è inderogabile, in quanto posta a presidio della superiore esigenza di garantire l'effettività del dibattito e la concreta collegialità delle assemblee, nell'interesse comune dei partecipanti alla comunione, considerati nel loro complesso e singolarmente,…» (Cass. 8015/2017).
La Corte d’appello ha accolto l’impugnazione, ritenendo che il principio richiamato dal Tribunale nella sentenza di primo grado non sarebbe stato correttamente applicato al caso in esame, poiché inserito in un contesto normativo differente da quello applicabile al caso concreto, successivo alla modifica normativa con cui l’art. 21, comma 1 della l. n. 220/2012 ha sostituito l’art. 67 disp. att. c.c. Evidenzia la Corte d’appello che l’art. 67 disp. att. c.c. previgente, al suo comma 1, si limitava a disporre che “Ogni condomino può intervenire all’assemblea anche a mezzo ...