Il fatto
A seguito di danneggiamenti, furti e atti emulativi, la proprietaria di un appartamento sito al primo piano di un edificio ha installato tre telecamere all’interno del condominio, senza l’autorizzazione dell’assemblea.
Il proprietario di un appartamento al piano terra, sostenendo che le telecamere fossero state posizionate in modo tale da riprendere gli spazi comuni e alcuni spazi di sua proprietà, l’ha citata in giudizio per la condanna alla rimozione o alla diversa collocazione delle telecamere e al risarcimento del danno da violazione della propria riservatezza.
Il Tribunale ha rigettato le domande e ha condannato l’attore al pagamento delle spese di lite.
La Corte d’appello, su impugnazione del condomino soccombente in primo grado, ha rigettato l’appello e confermato la sentenza del Tribunale.
Dalle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio si evinceva che le tre telecamere non riprendevano la proprietà di altri, non invadevano la privacy di alcuno e che tutti i condomini, visti i danneggiamenti subiti dalla condomina, si erano espressi per non rimuoverle.
Risultava, altresì, che le telecamere erano state spostate e orientate correttamente, nel rispetto della privacy dei condomini, poco prima del sopralluogo della consulenza tecnica d‘ufficio.
Tuttavia, siccome l’attore non ha dimostrato che cosa riprendessero le singole telecamere, posto che neanche il consulente tecnico di parte aveva mai visionato le immagini delle riprese precedenti allo spostamento, la circostanza è stata valutata come del tutto irrilevante rispetto all’accoglimento della domanda.
Di conseguenza, in assenza di altri elementi probatori, limitandosi a rilevare la sussistenza di divergenze tra i contenuti dell'elaborato peritale del consulente tecnico d’ufficio e quelli dell'elaborato del consulente tecnico di parte, la Corte ha respinto le doglianze, non avendo la relazione del consulente tecnico di parte valore di prova – ...