Il comma 3, lettera b) dell’articolo 3 del D.L. 71/2024 abroga e sostituisce integralmente il comma 2 dell’articolo 29 del D.Lgs. 36/2021, la cui formulazione iniziale ricalcava integralmente quella del Codice del Terzo Settore.
Veniva infatti previsto che le prestazioni sportive dei volontari non potevano essere retribuite in alcun modo nemmeno dal beneficiario. Per tali prestazioni sportive potevano essere rimborsate esclusivamente le spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente, eventualmente anche a fronte di autocertificazione, purché non superassero l'importo di 150 euro mensili e l'organo sociale competente avesse deliberato sulle tipologie di spese e sulle attività di volontariato ammesse. In ogni caso tali rimborsi non concorrevano a formare il reddito del percipiente.
Secondo la nuova formulazione, ai volontari sportivi possono ora essere riconosciuti rimborsi forfettari per le spese sostenute, per attività svolte anche nel proprio comune di residenza, nel limite complessivo di 400 euro mensili, in occasione di manifestazioni ed eventi sportivi riconosciuti dalle Federazioni sportive, dalle Discipline Sportive, dagli Enti di Promozione, dal CONI, dal CIP e da Sport & Salute, ma a condizione che gli stessi soggetti deliberino sulle tipologie di spese e sulle attività di volontariato per le quali viene ammesso il rimborso.
In pratica, qualora un’associazione o società sportiva dilettantistica intenda erogare un rimborso spese forfettario a favore di un volontario sportivo, è necessario che:
- ciò avvenga in occasione di una manifestazione o di un evento sportivo riconosciuto dalla Federazione sportiva, dalla Disciplina Sportiva, dall’Ente di Promozione, dal CONI, dal CIP e da Sport & Salute;
- che gli stessi soggetti deliberino sulle tipologie di spese e sulle attività di volontariato per le quali viene ammesso il rimborso;
- le attività del volontario siano svolte nel proprio comune di residenza;
- il rimborso che si intende erogare non superi l’importo massimo di 400 euro mensili.
Vengono però posti a carico all’ente erogante il rimborso, ulteriori e più gravosi oneri; diventa infatti obbligatorio comunicare i nominativi e l’entità dei rimborsi erogati, attraverso il Registro Nazionale delle attività sportive, nell’apposita sezione, entro l’ultimo giorno del mese successivo al trimestre in cui è avvenuto il pagamento del rimborso.
A complicare ulteriormente le regole, l’ultimo periodo della nuova norma, prevede che i citati rimborsi concorrono al superamento dei limiti di non imponibilità previsti dall’articolo 35, comma 8-bis, del D.Lgs. 36/2021 (la franchigia contributiva dei primi 5.000 euro) e costituiscono base imponibile previdenziale in caso di superamento, nonché dei limiti previsti dall’articolo 36, comma 6 del D.Lgs. 36/2021 (la franchigia fiscale dei primi 15.000 euro).
Si potrebbe definire questa nuova forma di “reddito” come una via di mezzo tra il reddito di lavoro sportivo e il rimborso spese tradizionalmente inteso, ma in realtà si tratta di una (inutile) ulteriore complicazione della legge di Riforma dello sport, che già presenta parecchi dubbi interpretativi.
Se poi si considera che la norma è entrata in vigore dal 31 maggio, quei (speriamo rari) enti sportivi che, pensando di poter usufruire delle nuove disposizioni, hanno erogato nel mese di giugno dei rimborsi spese ai volontari impiegati in manifestazioni riconosciute che si sono svolte nello stesso mese, dovranno adempiere al nuovo obbligo comunicativo entro il prossimo 31 luglio, ma ad oggi non risulta possibile, in quanto nel Registro non è ancora stata inserita la sezione appositamente dedicata.
Infine, una riflessione merita farla anche per la verifica preventiva prima di procedere al pagamento: dal momento che tale rimborso è rilevante per il superamento dei limiti contributivi e fiscali, è assolutamente necessario che anche il volontario rilasci all’associazione o società sportiva dilettantistica la medesima certificazione che viene richiesta al lavoratore sportivo prima di corrispondere la somma concordata.
Se anche l’intento del legislatore era quello di favorire il sostegno del volontariato nel mondo sportivo, le ulteriori incombenze non rendono senz’altro agevole il ricorso alla nuova soluzione proposta.