1. Premessa: l’origine del problema.
Nel commentare le precedenti Cass. 17.2.2023, n. 5043 e Cass. 24.7.2023, n. 22116 (cfr. G.A. Chiesi, Responsabilità solidale del condomino non moroso cui venga intimato il pagamento di oneri condominiali, in www.condominioelocazione.it, 8 marzo 2023 nonché, in questa Rivista, G.A. Chiesi, Esecuzione forzata nei confronti del singolo condomino: c’è ancora molto da chiarire) e le conclusioni cui le stesse erano giunte, nell’ottica di sistematizzare i principi che vengono in rilievo in materia di esecuzione forzata a fronte di un titolo ottenuto dal terzo a seguito dell’inadempimento di obbligazioni di natura contrattuale assunte dall’amministratore in nome e per conto o, comunque, nell’interesse del condominio, si era osservato che, alcuni dei precipitati che la giurisprudenza di legittimità aveva inteso ricavare dalla combinazione tra disciplina (speciale, se non proprio sui generis) del condominio negli edifici e processo esecutivo, portavano a conclusioni a dir poco paradossali: il condominio, debitore pro quota, che avesse adempiuto la propria obbligazione, corrispondendo quanto dovuto nelle mani del creditore (ovvero anche che, in tesi, fosse stato da questo liberato per effetto di remissione - accettata - del proprio debito), si troverebbe, infatti, ad essere ancora debitore nei confronti del condominio per la propria quota, giacché l’unico pagamento completamente satisfattorio è quello che l’amministratore, quale rappresentante legale e necessario, opera (in maniera titolata, verrebbe da aggiungere) nei confronti del creditore (cfr. Cass. 20.4.2021, n. 10371 nonché, per il primo intervento in proposito, Cass., 17 febbraio 2014, n. 3636).
Se infatti - per dirla con Cass. 17.2.2023, n. 5043 - agli effetti della disciplina dettata dai primi due commi dell’art. 63 disp. att. c.c., deve intendersi come “condomino moroso” il partecipante che non abbia versato all’amministratore la sua quota di contribuzione alla spesa necessaria ...