L’insigne giurista Giuseppe Branca, commentando sul Foro Italiano del 1961 una sentenza di legittimità (Cass., II, 19 ottobre 1961, n. 2246 la quale aveva affermato che «l’amministratore del condomìnio, anche quando sia scaduto o dimissionario, continua a rappresentare il condominio fino alla nomina di un nuovo amministratore») rilevò, con grande nitore argomentativo, che «questa proroga dei poteri dell’amministratore deriva, a mio parere, dalla sua qualità di organo stabile e necessario dei condominii composti da almeno cinque condòmini. Negli altri casi l’amministratore è semplice mandatario e perciò si potrebbe dubitare che ne permangano le funzioni dopo la sua scadenza (arg. art. 1722, n. 1, c.c.): l’ultrattività del mandatario è un fenomeno eccezionale: v. Minervini, Mandato, 1954, nn. 84, 87, 88» e concludeva così dubitativamente «ma che dire del mandato generale, come è quello dell’amministratore?».
Pur essendo intervenute, da quel risalente precedente, norme che hanno radicalmente mutato lo scenario di riferimento (soprattutto ad opera della c.d. Riforma del 2012), l’eco dei dubbi ermeneutici del grande giurista si ode ancora scorrendo le righe del decreto in esame con il quale il Giudice partenopeo - previo esame d’ufficio in ordine alla prova del titolo contrattuale - respinge il ricorso per decreto ingiuntivo proposto da un amministratore di condomìnio per ottenere il pagamento del suo (preteso) compenso professionale. Nel caso di specie l’amministratore ingiungente, nominato nel 2015 - così si esprime respingendo il ricorso il Giudice del monitorio - «non ha diritto alla percezione di alcun compenso professionale per l’arco temporale che va dall’anno 2019 all’anno 2021, essendo cessato, (N.B., n.d.r.) in mancanza di rinnovo espresso, dall’incarico e dovendosi ritenere nulla (N.B., n.d.r.) una eventuale riconferma tacita nell’incarico (peraltro espressamente esclusa dal dettato normativo) in mancanza di pattuizione espressa del compenso; ritenuto, perciò, dovendo il giudice esaminare d’ufficio se ...