Il fatto.
Al fine di meglio comprendere la vicenda in esame, giova in prima battuta por mente sui punti focali - fattuali e processuali - che hanno determinato la pronuncia nei termini suindicati.
In buona sostanza, accadeva che uno dei condomini di uno stabile condominiale adiva il Tribunale di Roma al fine di sentir dire e dichiarare la responsabilità dello stesso (e sentir accogliere la conseguente domanda risarcitoria) per i danni subiti (nella specie, trattavasi di macchie di umidità, crepe, caduta di intonaco e di laterizi) al proprio appartamento, collocato al penultimo piano del fabbricato, dovute, come accennato, a infiltrazioni d’acqua proveniente dal sovrastante lastrico solare.
In particolare, parte attrice deduceva di aver acquistato l’unità immobiliare in un tempo antecedente a quello dell’inizio delle infiltrazioni; che erano stati eseguiti dal condominio alcuni lavori di manutenzione; che dette opere, tuttavia, nei fatti, si erano poi rivelate vane; e, da ultimo, a conferma del carattere meramente palliativo delle lavorazioni, che il soffitto della sua unità immobiliare era financo crollato.
Il condominio si costituiva in giudizio eccependo, preliminarmente, il proprio difetto di legittimazione passiva.
Veniva asserito, invero, che il condominio era “sorto”, per così dire, in un tempo successivo a quello in cui il condomino era divenuto proprietario dell’unità immobiliare e che, in ogni caso, il lastrico di copertura dell’attore era in proprietà esclusiva di un altro condomino, soggetto estraneo al giudizio.
Il convenuto inoltre rilevava come il precedente proprietario del fabbricato de quo era stato già condannato all’esecuzione dei lavori di manutenzione dell’edificio, sicché – in sede di stipula del contratto che trasferiva la proprietà – era giunto a una transazione con (quelli che sarebbero poi divenuti) i futuri condomini, corrispondendo ...